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PETROLIO: BARILE SFONDA $80 MA ANALISTI SCETTICI

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Il barile di petrolio prosegue la sua corsa, fino a superare brevemente la soglia psicologica degli 80 dollari sul mercato di New York, anche gli analisti continuano a mettere in guardia da questo rally dei prezzi, che non trova giustificazioni nei fondamentali di mercato. Le ultime spinte al rialzo sono state innescate dai dati trimestrali giunti dalle grandi società quotate, ieri sera Apple ha riferito di utili superiori alle attese, così come Texas instruments. Allo stesso tempo anche la perdurante debolezza del dollaro – la valuta co cui si scambiano tutte le materie prime – sostiene i prezzi, oggi l’euro ha sfiorato quota 1,5.

Ma appunto questi sviluppi non hanno implicazioni dirette sugli aggregati di produzione e domanda di petrolio, si limitano a sostenere il clima di euforia generale dei mercati. “Questo rally non è basato sui fondamentali. Deriva unicamente da rinnovati appetiti sulle prese di rischio”, afferma Jonathan Kornafel, direttore per l’Asia della Hudson Capital Energy. “I capitali cercano qualche canale di rendimento”.

Stamattina, durante gli scambi elettronici sul New York Mercantile Exchange, il barile di West Texas Intermediate ha toccato un picco a 80,05 dollari, nuovo massimo da inizio anno. Successivamente queste spinte al rialzo si smorzano, e a metà mattina in Europa i futures in prima consegna calano di 47 cents rispetto alla chiusura di ieri, con il barile a 79,14 dollari. Nel frattempo a Londra il barile di Brent, il petrolio del mare del Nord cala di 36 cents a 77,41 dollari.

Sempre oggi anche il Financial Times mette in guardia dai rischi che gravano su queste inattese impennate dei prezzi. Le scorte dei paesi consumatori sui prodotti distillati sono a livelli massicci e “potrebbero deragliare l’impennata del greggio – dice il quotidiano -: i prezzi sono aumentati ma il nascente rally potrebbe naufragare tra fiumi di diesel”.

A sostenere i prezzi è una combinazione di fattori, si legge, tra la speranza che il peggio della crisi sia passato, dati trimestrali migliori delle attese dalle grandi società Usa; l’arrivo della stagione invernale nell’emisfero nord – in cui si assiste a un aumento ciclico della domanda di prodotti petroliferi – e infine la debolezza del dollaro.

Tuttavia, in una pagina di analisi, il quotidiano finanziario esamina l’andamento delle scorte e dei consumi di diesel, il carburante che è una sorta di cartina di tornasole sulla dinamica dell’attività economica. I consumi dovrebbero aumentare, ma allo stesso tempo l’elevata consistenza delle scorte potrebbe contenere gli aumenti dei prezzi. Negli Usa le scorte di distillati ‘medi’, che includono il diesel per autotrazione e il gasolio da riscaldamento, sono ai massimi da decenni.

“Possiamo giustificare il rally del petrolio, ma non possiamo crederci”, avverte in un rapporto JP Morgan. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’energia, le scorte offshore euroepee di prodotti raffinati sono aumentate del 25 per cento a settembre. E livelli ai massimi storici si registrano anche in Asia, come a Singapore.