Società

PERCHE’ IL PETROLIO NON FA BENE
ALLA DEMOCRAZIA

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Dopo la destituzione di Saddam, resta il compito più difficile: costruire una democrazia stabile a Baghdad. Sarà possibile soltanto allargando le basi del potere economico in Iraq ai ceti imprenditoriali e professionali. Perché affidarsi alla sola risorsa petrolio significa esporsi al rischio di una nuova futura dittatura.

La Coalizione e la pace

Gli obiettivi dichiarati della guerra in Iraq erano la deposizione di Saddam Hussein e la costruzione di una democrazia duratura in Iraq.

Gli Alleati si sono preparati a lungo per il primo obiettivo e l’hanno brillantemente conseguito in breve tempo. Quanto si sono preparati per il secondo? Il Center for Strategic and International Studies (Csis) ha giudicato gli sforzi dell’amministrazione Bush su questo fronte «insufficienti e incompleti» e ha compilato un piano dettagliato di quello che è necessario fare.

Tuttavia, anche questo ammirevole studio tralascia una questione importante: anni di dittatura e sanzioni hanno completamente alterato la distribuzione del potere economico in Iraq.

La risorsa petrolio, un male per la democrazia

Paradossalmente, uno dei principali ostacoli alla transizione è proprio quella che spesso è considerata come la maggiore risorsa dell’Iraq: il petrolio. Quando una risorsa naturale facilmente estraibile incide per una parte così grande sulla ricchezza nazionale, si trasforma in un male per la democrazia. Basta pensare a quello che è accaduto recentemente in Venezuela.

Il Governo di Hugo Chavez è stato sfidato da uno sciopero sostenuto da un’ampia opposizione. Lo scopo dello sciopero non era solo quello di dimostrare il grado di opposizione popolare a Chavez, ma anche quello di privare il governo di risorse. E per la verità, è sembrato per un momento che il governo Chavez dovesse cadere.

Ma il petrolio ha rinnovato le sue fortune. Con l’aiuto di qualche ingegnere fedele (e di qualche straniero) e assumendo nuovi lavoratori per rimpiazzare gli scioperanti, il governo venezuelano ha mantenuto i pozzi in attività e le entrate da petrolio hanno fornito le risorse necessarie per conservare la lealtà delle forze mercenarie. Ora lo sciopero è quasi finito e il governo Chavez sta prendendo provvedimenti contro i leader dell’opposizione.

Allo stesso modo, è il petrolio che ha permesso a Saddam di rimanere così a lungo al potere. E dopo la sua deposizione, che cosa impedirà a un futuro regime di usare il potere che fluisce dal petrolio per opprimere gli iracheni (e minacciare il resto del mondo)?

Tirannia e potere economico

La storia insegna che la distribuzione di potere politico che la democrazia apporta, è stabile solo se si accompagna a un’ampia distribuzione del potere economico. Questa visione, che risale ai Romani, è stata una pietra miliare della democrazia americana fin dai tempi dei padri fondatori.

Quando il popolo può sottrarre risorse a una tirannia e quando ha entrate proprie per finanziare un’opposizione credibile, il regime è destinato a cadere. Quando il popolo non teme che un governo rapace e potente lo deprivi delle sue ricchezze e quando le regole del mercato non sono decise solo da una élite che deve il suo successo, e quindi la sua lealtà al governo, le opportunità si presentano per ciascuno. Allora, come si dovrebbe procedere per costruire le basi economiche di una democrazia stabile nell’Iraq post-guerra?

Il Giappone del dopo-guerra

Il successo, anche se parziale, delle politiche di Douglas Macarthur nel Giappone del dopoguerra ci può far da guida. Il Giappone era forse più semplice da trasformare perché non aveva abbondanti risorse naturali. La proprietà fondiaria era però concentrata e il potere industriale era detenuto da alcuni grandi aggregati industriali e finanziari chiamati zaibatsu.

Macarthur combatté la concentrazione del potere economico perché i grandi proprietari terrieri e le grandi imprese sono facili pedine nelle mani del governo. Le riforme agrarie del dopoguerra servirono ad allargare e a espandere la classe dei proprietari terrieri. Queste riforme resero la democrazia giapponese più stabile. Macarthur non completò il processo di rottura degli zaibatsu, perché non ne ebbe il tempo: la necessità di avere fornitori affidabili per la guerra di Corea, costrinse il Governo a un compromesso con gli zaibatsu.

Ceti imprenditoriali e professionali

Nell’Iraq di oggi l’agricoltura è semplicemente irrilevante rispetto al potere che deriva dal controllo dell’industria petrolifera. E seppure l’industria petrolifera statale venisse spezzettata in piccole parti e privatizzata, e magari venduta anche a imprenditori stranieri, non c’è nessuna garanzia che un futuro governo non possa riassumerne il controllo.

Un moderno “proconsole” non ha dunque facili soluzioni. La speranza migliore per una democrazia di mercato duratura in Paesi come Iraq o Arabia Saudita forse passa dalla costruzione di un potere economico alternativo con lo sviluppo dei ceti professionali e imprenditoriali. Anche se decimato da anni di sanzioni, in Iraq esiste già un ceto di questo tipo.

La priorità assoluta per qualsiasi amministrazione provvisoria dovrà dunque essere quella di ripristinare e migliorare le istituzioni sanitarie e scolastiche cosicché questi ceti possano recuperare il terreno perduto negli ultimi dieci anni.

Una seconda priorità è quella di liberare la popolazione dalla dipendenza dal governo. Un modo per farlo è attraverso l’espansione dell’accesso al credito. Molti degli attuali istituti di credito sono però compromessi con il regime. La soluzione più semplice è dunque quella di permettere l’ingresso di istituti stranieri che veicolino capitali esteri per il finanziamento delle iniziative private interne.

Si dovrebbe anche incoraggiare la nascita di nuove istituzioni finanziarie locali. Tali politiche replicherebbero quelle adottate da Luigi Bonaparte nella Francia del 1850 per distruggere il potere dell’Ancien Régime: quelle politiche misero le basi della vivace democrazia di mercato che è divenuta poi la Francia.

La legittimità del Governo provvisorio

La decentralizzazione del potere economico porterà alla decentralizzazione del potere politico. È la migliore garanzia per evitare che la vittoria in Iraq sia effimera e che un nuovo dittatore sostituisca Saddam, una volta che le forze della coalizione avranno lasciato il Paese.

Ma tutto ciò richiederà tempo e un notevole sforzo per creare le nuove istituzioni economiche. Per questo, è importante che l’amministrazione provvisoria sia considerata legittima. Altrimenti, queste istituzioni non avranno il tempo o la legittimità per mettere radici e la speranza sarà persa. La coalizione ha combattuto la guerra da sola, non può permettersi di fare altrettanto con la pace.

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