
La fase che sta vivendo l’industria dei crediti deteriorati (NPE) nel nostro Paese vede un consolidamento dei volumi affidati in gestione ai numerosi servicers. Negli ultimi anni gli investitori hanno acquistato dalle banche le ponderose quantità di crediti non perfoming, consentendo a queste ultime di raggiungere i livelli di deleveraging richiesti dal regolatore europeo, tornando a registrare tassi del tutto fisiologici di Npl ratio.
Sostenibilità ed efficienza.
Passata la stagione delle grandi cessioni, è ora di dare centralità a nuove esigenze: quella della sostenibilità e quella della efficienza dei processi di credit management.
Da un lato, il tema della sostenibilità costituisce una esigenza dell’intero sistema: una soluzione di ristrutturazione del debito sostenibile per il debitore rappresenta sia una maggiore garanzia di tenuta di quell’accordo per il creditore che ci fa affidamento sia una possibilità concreta per il debitore di tornare “in bonis” tornando a godere, in futuro, di merito creditizio.
Dall’altro lato, il tema dell’efficienza si pone come esiziale in un contesto che, non potendo più fare affidamento sui volumi di portafogli in affido, richiede al servicer di ottimizzare i processi e i tempi di recupero, stressare le capacità predittive con business plan precisi e investire nelle tecnologie innovative (in primis, automazione e AI) che nell’industria degli NPE hanno già fornito prova di essere altamente performanti. Ovviamente le esperienze maturate nell’industria degli NPE (dunque crediti bancari e finanziari) nell’ultimo decennio possono costituire un terreno fertile e un know how fondamentale da porre al servizio anche di altre asset class.
Cosa succede a utilites e tlc.
Negli ultimi tempi sempre più spesso si parla di non performing exposure con riferimento al mondo delle utilites & telco. In questo momento storico il mondo delle utilities è sotto una lente di ingrandimento. Le ragioni sono molteplici ma sicuramente ci sono un paio di aspetti che catalizzano l’attenzione dei principali operatori del settore. Innanzitutto, risultano esponenzialmente in crescita gli investimenti effettuati dagli operatori del settore per la transizione ecologica e digitale: secondo i dati di Utilitalia parliamo di circa 2 miliardi di euro all’anno.
Dall’altro l’evoluzione tecnologica indirizza le aziende verso scelte mirate all’efficientamento dei processi gestionali interni, a favore del core business.
In secondo luogo, la crescita del mercato libero (e l’abbandono, per milioni di utenti delle tutele fornite da Arera) sta determinando un aumento delle non performing exposure, quanto alle bollette insolute e non pagate dagli utenti finali.
Sotto certi punti di vista, e adottando le giuste misure, i cambiamenti in questo settore rievocano la trasformazione che ha interessato il mondo bancario lo scorso decennio, con effetti in parte assimilabili.
Oggi il mondo finanziario sta vivendo una nuova stagione anche grazie ai modelli evoluti di gestione degli insoluti che hanno consentito di efficientare i processi di lavorazione degli asset di pratiche in sofferenza. Nel mondo delle utilities siamo ancora alla fase iniziale del percorso. É ancora presto per dire se anche in questo settore avremo una vera e propria esplosione dei crediti non performanti anche se il trend degli ultimi anni evidenzia un dato in forte crescita: un recente rapporto di Unirec rileva come nel 2023 il 45% delle pratiche di recupero crediti affidate ai servicer provenga dal settore utilities o tlc (ben l’8% in più rispetto al 2022).
Certo è che se la strada da percorrere sarà la medesima di quella tracciata a suo tempo dalle banche, potremo sicuramente dirci avvantaggiati nel conoscere con anticipo tappe ed ostacoli che si potranno trovare nel cammino.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di gennaio 2025 del magazine Wall Street Italia. Clicca qui per abbonarti.