L’economia Usa, sospinta da politiche espansive e dal continuo miglioramento
della produttività, sta crescendo più rapidamente di quella europea (2,4% le
stime del pil del secondo trimestre). Ma le sue prospettive sono complicate da
alcuni gravi squilibri finanziari.
Preoccupano il disavanzo pubblico e quello della bilancia con l’estero,
entrambi attorno al 5% del pil e in rapido aumento. Il primo riflette le
politiche di bilancio espansive, comprese le spese militari che si manterranno
elevate più a lungo del previsto. Ma la capacità del bilancio pubblico di
stimolare l’economia rischia di esaurirsi, perché il fabbisogno fa crescere i
tassi di interesse a lungo termine, che scoraggiano gli investimenti anche se
i tassi a breve sono mantenuti bassissimi dalla Banca centrale.
Nelle ultime
settimane l’aumento dei tassi a lunga americani sta mettendo in crisi anche i
mutui ipotecari e con essi la domanda di abitazioni e i consumi che le
famiglie finanziano con i mutui. Inoltre un debito pubblico in accelerazione
genera attese di maggiori imposte future e la convinzione che non è il caso
di spender di più solo perché oggi il governo riduce le tasse.
Il disavanzo con l’estero sta raggiungendo una dimensione insostenibile. Per
correggerlo può servire un dollaro debole. Si sta preparando fra l’altro una
decisa azione diplomatica per convincere la Cina a rivalutare la sua moneta,
frenando l’invasione delle sue esportazioni in Usa. Ma la svalutazione del
dollaro non basta per aggiustare i pagamenti ed è pericolosa perché la
speculazione può esagerarla.
Perciò l’aggiustamento richiede che diminuisca
la spesa complessiva degli americani, che da quasi vent’anni supera la loro
produzione: nel secondo trimestre il tasso di aumento delle importazioni è
stato 7 volte quello del pil. Ma se diminuire la spesa significa frenare i
consumi, che negli ultimi due anni hanno mantenuto la crescita Usa a livelli
decenti, il problema della bilancia dei pagamenti può causare alcuni anni di
forte rallentamento dell’economia.
Un altro squilibrio finanziario che si sta rivelando grave è quello dei fondi
pensione privati, che hanno promesso pensioni eccessive e hanno investito
troppo in azioni. Molti fondi sono già falliti compromettendo la situazione
dell’agenzia pubblica di assicurazione delle pensioni. Stanno montando
pressioni perché il governo intervenga coprendo le perdite. Ma ciò
aggraverebbe la situazione della finanza pubblica. Una crisi pensionistica
può rallentare la domanda aggregata e la crescita.
Fuori equilibrio sono inoltre i bilanci degli Stati e di alcuni enti locali,
con situazioni gravissime come quella della California. Dato che gli Stati
americani non possono superare certi limiti di disavanzo (anche gli Usa hanno
una sorta di Patto di Stabilità!) stanno tagliando le spese e aumentando le
tasse. Ciò contribuisce a frenare l’impatto espansivo del bilancio federale e
sta portando sotto il limite tollerabile alcune categorie di spese sociali,
per la sanità, la scuola e l’aiuto agli emarginati.
La crescita economica degli Usa potrebbe dunque venir compromessa dagli
squilibri finanziari. Globalmente la prospettiva sarebbe meno grave se
l’Europa fosse pronta a sostituire il traino americano accelerando le riforme
necessarie ad uno sviluppo più brillante.
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