(9Colonne) – Roma, 20 lug – “Non riesco a credere alle mie orecchie quando ascolto Oliviero Diliberto attaccare in un solo colpo Confindustria, Draghi e Bonino – tre ambiti riformisti -, esprimendo lamenti per un accordo che consente di andare in pensione a 58 anni, che rinvia al 2010 la nodale questione della revisione dei coefficienti, che aumenta le pensioni, che fissa il limite a quota 95. Le uniche vittime di questa intesa, in realtà, sono gli under 40. Per noi è un giorno triste, almeno quanto è un giorno felice per i sindacalisti che definiscono ‘lavoro usurante’ quello della maestra d’asilo”. Così Mario Adinolfi, neo-candidato alla segreteria nazionale del Partito democratico, commenta l’esito della trattativa sulle pensioni. “Non a caso Epifani, Bonanni, Angeletti gioiscono – prosegue il blogger –: gli iscritti pensionati e pensionandi a Cgil, Cisl e Uil gioiscono. Per noi, invece, è il giorno delle certezze: la certezza che avremo una pensione che ammonterà a meno del 50% dell’ultima retribuzione, senza il conforto del Tfr e con una previdenza integrativa ancora traballante”. “Andremo in pensione più tardi, sempre più tardi, con meno di qualsiasi pensionato e pensionando del 2008 – spiega ancora il giornalista –. I dieci miliardi di euro, come al solito, li paghiamo noi: un’altra ipoteca sul nostro futuro, oltre quella colossale del debito pubblico. Facciamocene una ragione: il tesoretto è andato a chi ha rappresentanza al tavolo delle trattative, cioè ai sindacalizzati piuttosto avanti con l’età. Noi nati negli Anni Settanta e Ottanta a quel tavolo non eravamo rappresentati: ne paghiamo il costo”. “Si rendono così più chiare le ragioni della mia candidatura a segretario nazionale del Partito democratico – conclude Adinolfi –, in rappresentanza di quegli esclusi che altrimenti non saranno mai presenti, né a quelli, né ad altri tavoli. Auspico a questo punto la candidatura di Enrico Letta, anche contro i miei interessi, per rendere comunque più forte il fronte realmente riformista alle primarie. E spero anche che Enrico voglia correre questo rischio senza rete, dimettendosi dal governo, per dimostrare che fa sul serio. Abbiamo bisogno di atti coraggiosi, l’accordo sulle pensioni non lo è stato, anche se comprendo le ragioni politiche della ricerca di un punto di equilibrio”.
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