(WSI) – Gioisca la sinistra e si unisca al coro pidiellino del “Meno male che Silvio c’è”. La sentenza della Consulta ci ha finalmente chiarito cos’è la sinistra in Italia. Da anni il comunismo è considerabile come il vaiolo: una malattia debellata; pensavamo tutti che il suo retaggio rimanesse vivo solo nelle ossessioni mentali del Cavaliere. I vecchi “compagni” o sono morti o hanno chiesto asilo al WWF, specie protetta a rischio di estinzione. Di nuovo, ormai da anni, non c’è nulla: dall’Ulivo in poi la sinistra è come la coperta della nonna: un patchwork costruito con gli avanzi dei gomitoli di tutti i colori.
Ma ieri Silvio ci ha dimostrato, col suo nutrito elenco, che è vero: i comunisti esistono! Uscendo – guarda caso da Palazzo Venezia – ha fatto la lista resuscitando i morti: sono i giudici della Consulta in prima fila, a seguire magistratura, il 72% della stampa nazionale (ricavato dagli asset societari), i saprofiti giornalisti delle RAI a libro paga di tutti gli italiani, i comici e perfino il Capo dello Stato.
A guardar bene viene da chiedersi, con numeri alla mano, come abbia fatto la sinistra a perdere le ultime elezioni! Forse, con quell’umiltà che abbiamo perso tutti, bisognava rifare i conti come in Afghanistan….
La cosa grave è che lo spettacolo del rabbioso disconoscimento degli Organi Costituzionali ha come obiettivo finale quello di affondare le sue metastasi sullo scheletro della nostra Repubblica: la Costituzione.
Non è solo grave chiedere costituzionalmente il diritto di salvaguardia dalla perseguibilità delle più alte cariche dello Stato. E’ pacchianamente riprovevole l’ammissione che i Difensori dell’Uguaglianza Sociale possano macchiarsi di reati e contemporaneamente governarci indisturbati. Se un padre di famiglia ruba, nessuno sconto per lasciarlo a casa a mantenere i figli. Però è legittimo il privilegio di casta, in nome di una stabilità di Stato che non esiste più, da anni.
Abbiamo assistito all’ennesimo derby politico tra destra e sinistra, per altro unica vera forma di bipolarismo esercitabile in Italia. Ma il problema che genera tale diatriba nasce dalla violazione del potere elettorale dei cittadini: ci confezionano le liste come il menù del giorno a prezzo fisso. E dire che ci avevano chiesto un parere referendario circa dieci anni fa…. Ma a dimostrazione che serviamo come numeri, manipolabili ai fini statistici del consenso, oggi con chiarezza si delinea il fatto che governare l’Italia non già è una missione, ma una necessità legata a interessi molto lontani dal bene comune.
Il potere politico non ci rappresenta più, da qualsiasi parte provenga, perché è stato disintegrato da tempo il diritto all’uguaglianza, e la decisione della Consulta non crea né beneficio né danno al popolo. Il senso di responsabilità civica, la sobrietà, il contegno, il pudore del privato, dovuti dai ruoli dello Stato, sono ottenebrati dal carosello di accuse reciproche, dalle autocelebrazioni, dalla pubblica arroganza, dall’insulto, dal vilipendio.
Si è vero: siamo una Repubblica! Ma i Garanti del nostro Paese vogliono innanzitutto garanzie per loro stessi, garanzie di impunità dei loro reati. E’ grave ammettere di averli compiuti o di poterli compiere. E’ grave reclamare la posticipazione del giudizio, nel nome sacrosanto del diritto alla stabilità politica. Non disturbare il manovratore: d’altronde la magistratura è di sinistra. Se puo’ interessarti, in borsa si puo’ guadagnare accedendo alla sezione INSIDER. Se non sei abbonato, fallo subito: costa solo 76 centesimi al giorno, provalo ora!
Purtroppo nell’idea di democrazia di chi ci governa si annida tignosa l’invidia dello stile altrui: da un lato la classe americana dei Gore e dei Mc Cain, che sanno accettare la sconfitta. Dall’altro l’esempio di Ahmadinejiad che vince le elezioni “facendosi un baffo” dell’opposizione insorta e compiutamente “sedata” dal “democratico” risultato elettorale.
Molti nemici, molto onore… e ieri destra e sinistra si sono fatti quattro conti in casa. Su una cosa concordano entrambe: meglio non andare ad elezioni anticipate. Infatti il futuro dell’Italia è una “patata bollente” che nessuno ha voglia di tenersi in mano.