Accentuano i guadagni le piazze finanziarie del vecchio continente, con l’indice paneuropeo Ftseurofirst 300 che segna +1,3%. Francoforte registra +2,18%, Parigi +1,84%, Londra +1,77% e Piazza Affari balza del 2,7%.
Puntano verso l’alto anche i futures sugli indici azionari americani, che anticipano un avvio al rialzo per Wall Street. A tal proposito in una intervista a Bloomberg Barton Biggs, gestore dell’hedge fund newyorchese Traxis Partners LP, ha detto di ritenere che i mercati azionari Usa si trovano al momento in una condizione di ipervenduto: per questo motivo, a suo avviso, è possibile aspettarsi un rally nell’arco dei prossimi giorni.
Intanto, grande attenzione oggi per il dato del prodotto interno lordo degli Stati Uniti, relativo al primo trimestre dell’anno, che sarà reso noto alle 14.30 ora italiana. La giornata di oggi appare positiva anche per l’euro, che recupera sui mercati valutari, ma non prima di aver sfiorato nuovamente i minimi degli ultimi quattro anni, durante le contrattazioni di questa notte in Asia.
Le preoccupazioni per la situazione di crisi dell’Eurozona ed i timori di un contagio al sistema finanziario hanno spinto la valuta del Vecchio Continente su minimi di 1,215 USD, molto vicino ai livelli peggiori visti la scorsa settimana, prima di vedere un recupero della divisa europea a 1,228 USD (+1%).
I rialzi dell’euro e delle borse europee inducono dunque gli operatori, in uno scenario sempre più incerto, a rimanere in una situazione di allerta. Allo stesso tempo, però, la tensione si allenta rispetto alle ultime ore, grazie alle rassicurazioni che sono arrivate da Pechino: nel rispondere alle indiscrezioni che sono state riportate dal Financial Times, e che hanno messo sotto pressione nel finale Wall Street , Pechino ha precisato infatti che non modificherà il proprio portafoglio per quanto riguarda i titoli di Stato europei, nè tantomeno si disferà delle riserve valutarie in euro.
Le autorità cinesi, insomma, hanno smentito i vari rumors di stampa che stavano insistentemente circolando in questi ultimi giorni. Secondo il quotidiano londinese Financial Times, lo State Administration of Foreign Exchange, istituto che gestisce le riserve in valuta del paese, avrebbe infatti espresso timori circa la propria esposizione sui titoli di stato dei paesi europei più a rischio default come Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, i cosiddetti PIIGS.
Il colosso asiatico, ha scritto il Financial Times, starebbe considerando l’eventualità di cominciare a vendere sul mercato parte di tali bond, che secondo i rumors che hanno iniziato immediatamente a circolare ammonterebbero a circa 630 mld di dollari. Ma la smentita è giunta direttamente dalla Banca Centrale cinese, che in una nota ha liquidato tutti i rumors affermando che la Cina ha sempre sostenuto il processo di integrazione europea approvando le misure per salvaguardare la stabilità finanziaria varate da Ue e Fondo Monetario Internazionale.
Nella nota si legge inoltre che il governo ha fiducia nella capacità della Zona Euro di superare l’attuale momento di difficoltà. L’Istituto Centrale ha poi precisato che continuerà ad investire e diversificare il proprio portafoglio, anche per quanto riguarda le riserve valutarie definite “uno dei mercati di investimento più importante.
Sia i mercati azionari che l’euro, tirano dunque un sospiro di sollievo e al momento brindano alle rassicurazioni cinesi. Certo il quadro rimane preoccupante, se si guarda per esempio alle indicazioni che arrivano dai mercati dei bond: il prezzo titolo di Stato Usa a 30 anni si trova infatti a soli 3 punti base dal toccare livelli record mentre il rendimento sul Treasury a cinque anni e’ a quota 1.94% dopo aver raggiunto la punta di 2.60% in aprile. E la situazione è tale che Jeremy Grantham, noto gestore, ieri a New York in una riunione riservata di manager di hedge funds ha definito i bond Usa “grottescamente sopravvalutati”.
Per non parlare poi delle vendite di titoli obbligazionari societari, che sono destinate a registrare il peggiore mese degli ultimi 10 anni, mentre i rendimenti relativi stanno crescendo ad un ritmo che non si vedeva dai tempi del crash di Lehman Brothers. Ma la smentita cinese riesce almeno a smorzare l’effetto negativo della continua carrellata di notizie no.