L’emotività scuote il titolo Parmalat a Piazza Affari, con un tonfo dell’8,18% a 2,37 euro a fine giornata dopo scambi vorticosi e superiori ai 139 milioni di azioni, pari al 17% del capitale sociale.
A far saltare i nervi al mercato, in particolare, sono state le osservazioni dei revisori di Deloitte & Touche sulla semestrale del gruppo Tanzi scambiate per una vera e propria bocciatura, contribuendo alla sospensione al ribasso scattata sulle azioni nella prima fase delle contrattazioni. Rientrato l’allarme per lo stop (inesistente) dei revisori, sono però rimasti sul tavolo dei dubbi tutti nuovi rispetto alle ricorrenti incertezze sulla capacità di Parmalat di rimborsare i propri bond, pur a fronte di una liquidità dichiarata di 3,2 miliardi.
E a fine giornata è calata anche la scure dell’agenzia di rating Standard & Poor’s, che ha posto sotto creditwatch negativo per un possibile declassamento tutti i rating assegnati alla società (il rating corporate di Parmalat è BBB-/A-3), menzionando le incertezze sui bilanci aziendali e la reale liquidità.
I riflettori Deloitte, infatti, sono stati puntati sulle modalità di contabilizzazione di un investimento da 495,5 milioni di euro in Epicurum, un fondo aperto situato nelle isole Cayman, iscritto al valore di sottoscrizione, mentre solo a fine dicembre sarà possibile conoscerne la reale valutazione (col primo bilancio di esercizio del fondo).
Sotto la lente di Deloitte, poi, sono finite le modalità con cui è stato valutato un incasso di 40 milioni relativo a un contratto di swap (un derivato a copertura dai rischi di cambio dell’importo complessivo di 850 milioni) stretto anch’esso con Epicurum. In vista della prossima applicazione dei principi contabili internazionali, l’importo avrebbe dovuto esser iscritto a passivo secondo Deloitte, mentre Parmalat lo ha accreditato al conto economico come un ricavo.
Deloitte dichiara in particolare di non essere “in grado di confermare la correttezza della contabilizzazione” dell’incasso, in attesa di una valutazione indipendente. Parmalat risponde di ritenere corretta la valutazione rinviando a una perizia tecnica dei revisori di Grant Thornton ( i quali scompigliano ulteriormente le carte precisando di aver effettuato dei test comunicati alla stessa Deloitte).
Da parte propria il gruppo Tanzi ha ribadito “l’inesistenza di un presunto ‘nodo della liquidita’ Parmalat”, dopo aver assicurato solo alla vigilia che i bond in scadenza alla fine del 2004 saranno rimborsati con la liquidità (190 milioni; più altri 246,4 milioni di bond che potrebbero venir convertiti in anticipo). E in una nota emessa in risposta al nuovo terremoto di Borsa la società ha anche precisato che il fondo non ha effettuato alcun investimento in aziende riconducibili al gruppo o alla famiglia Tanzi, come ad esempio le aziende del polo turistico Parmatour.
La stessa Parmalat potrebbe decidere di affrontare già venerdì 14 novembre le nuove incertezze di un mercato reso particolarmente sensibile dai casi dei bond Cirio e Argentina. All’ordine del giorno del cda, che dovrà approvare anche la trimestrale, è infatti ancora prevista la richiesta di chiarimenti avanzata dalla Consob.
Se la società decidesse di affrontare di petto il mercato, si osserva nella sale operative, potrebbe allora chiarire, se non il reale valore di Epicurum su cui verosimilmente si leverà il velo solo a fine anno, almeno i dubbi degli operatori sulle partite infragruppo, sulle motivazioni che hanno portato ad assegnare gli incarichi di revisione a due diverse società (Grant Thornton e Deloitte), sui nomi degli emittenti delle obbligazioni (da 1,577 miliardi) e degli altri titoli in portafoglio e, infine, sull’aumento di capitale per 400-500 milioni della controllata operativa Parmalat (l’assemblea è convocata il 24 novembre), che dovrebbe ricapitalizzare l’azienda attraverso delle partite infragruppo e senza l’iniezione di capitali.