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(WSI) – Prima il boom. Poi il crollo. I primi due giorni della quotazione Parmalat una cosa l’hanno fatta capire: l’industria del latte, grazie anche al taglio dei debiti e ai sacrifici degli obbligazionisti, sembra risanata. La società è più snella della multinazionale dell’era di Calisto Tanzi. Ma è anche vero che se vi dovesse capitare di passare per caso in Australia, uno dei mercati sui quali il commissario Enrico Bondi ha deciso di puntare, sareste forse sorpresi di vedere preparare i cappuccini nei bar proprio con latte Parmalat. Eppure ci vorrà un po’ di tempo per capire dove andrà a parare l’azione della società in Borsa. Troppi fari accesi sul suo futuro. Troppe attenzioni. Troppa speculazione.
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LA VOLATILITA’ – L’azione è salita subito sopra i 3 euro il primo giorno di contrattazione. La cronaca del secondo giorno, venerdì, è stata ben diversa: sospensione per eccesso di ribasso, riammissione, altalena e chiusura con 800 milioni in meno di capitalizzazione rispetto al giovedì (-13%). La domanda che si fanno tutti adesso è: cosa succederà domani? Forse, però, non è la domanda esatta da porsi per un piccolo risparmiatore se non si vuole entrare nel rischiosissimo mare della speculazione. Anche perché non tutti gli ex creditori della società sono entrati in possesso delle azioni. Meglio qualche calcolo.
QUANTO HO PERSO? – La maggior parte degli obbligazionisti aveva nel portafoglio un bond Parmalat Finance Corporation che dava diritto a un rimborso di circa il 12%. Cosa vuol dire? Che per ogni 100 euro di credito sono state distribuite circa 12 azioni visto che il valore nominale era 1 euro. Quota 3 euro, per esempio, corrisponde allora a un recupero del 36%. O meglio alla perdita del 64%. A queste azioni bisogna poi sommare un massimo di 650 warrant. Si tratta allora di decidere qual è il prezzo al quale siamo disposti a vendere partendo dal presupposto che un recupero alto per ora appartiene alla fantascienza.
LE INCOGNITE – Secondo gli analisti la Parmalat attuale si avvicina più ai 2 che non ai 3 euro. Sono allora tutti pazzi sul mercato? No, perché le incognite sono diverse. La prima riguarda revocatorie bancarie e cause contro le stesse banche-socie: secondo lo statuto voluto da Bondi il 50% di ciò che la Parmalat riuscirà a recuperare sarà distribuito come dividendi. Solo le revocatorie lanciate contro 48 istituti raggiungono la cifra colossale totale di 8 miliardi di euro. La quotazione del titolo incorpora allora anche la probabilità di successo di almeno una parte di esse (o perlomeno di accordi extragiudiziali). Poi ci sono le cause legali che però richiedono maggiore pazienza visti i tempi della giustizia. Senza contare che anche le banche-socie hanno annunciato delle contro-cause. Per assurdo potrebbe anche essere la Nuova Parmalat a dover pagare. Ultima incognita: un’offerta pubblica che potrebbe arrivare dalla Granarolo e da altri soggetti. Una notizia in generale positiva. Anche se il risultato in Borsa dipenderà da cosa ne vorranno fare della Parmalat dopo.
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