Società

PARMALAT, I FONDI RESTANO
ALLA FINESTRA

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(WSI) – Oggi Parmalat e’ ritornata in Borsa ma, almeno per ora, sembra accendersi soltanto l’interesse degli speculatori. I fondi comuni preferiscono restare alla finestra, in attesa di capire quale sarà l’evoluzione della situazione. È troppa l’incertezza che circonda l’azienda, appesa alle cause legali avviate dal commissario straordinario Enrico Bondi. Tanto che molti gestori preferiscono non sbilanciarsi, mantenendo uno strettissimo riserbo sulle valutazioni, perché le loro parole potrebbero essere smentite già nelle prime battute di Borsa. Così il risparmio gestito tradizionale sta a guardare, passando la palla ai colleghi specializzati in prodotto speculativi.

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«Non abbiamo fondi comuni con i quali comprare Parmalat – dice Giorgio Giovannini, responsabile in Italia per Henderson Global Investors – Nei nostri prodotti che vanno alla clientela retail questo investimento non è utilizzabile. Se si considera la società come una small cap europea non ha un track record sufficiente per essere comprata, visto che nel nostro caso serve un periodo di osservazione di almeno due anni. E non può certo essere acquistata come large cap o come un’azione ad alto dividendo».

Ma l’elemento discriminante secondo i gestori, resta il rischio elevato. «Parmalat è un titolo troppo sensibile alle notizie e per questo molto volatile – aggiunge Giovannini – È cioè un’azione ideale per un hedge fund che può permettersi movimenti repentini». Soprattutto per i fondi che puntano sulle società in difficoltà o su quelle appena uscite da una ristrutturazione. «In gergo questi prodotti si chiamano distressed securities fund – spiega Mattia Nocera, di Belgrave Capital Management – e scommettono appunto sulle aziende in crisi per puntare su una loro ripresa, grazie a una ristrutturazione, o a un tracollo definitivo. E Parmalat potrebbe essere un loro obiettivo».

Proprio gli hegde fund potrebbero essere quindi dietro la pioggia di richieste che ieri ha colpito i nuovi titoli della Parmalat, al punto che le quotazioni sul mercato grigio, la Borsa non ufficiale di Londra, sono arrivate a 2,85 euro per poi sfondare la soglia dei 3 euro. «Queste valutazioni stimano un recupero di almeno il 10% sui 43 miliardi richiesti da Bondi come risarcimento – spiega un gestore di una primaria sgr italiana – Una valutazione prudenziale, ma bisogna considerare che la prima causa è prevista solo alla fine del prossimo anno e quindi, a meno di transazioni, questa liquidità arriverà sono fra molti mesi».

Il mercato del risparmio gestito esprime comunque soddisfazione per il ritorno a Piazza Affari. «L’azienda è ormai risanata, anche se il titolo sarà volatile – dice Carlo Gentili di Nextam Partners – Nei miei fondi finora il titolo non era comparso perché il vecchio management era un muro di gomma che non voleva comunicare. Adesso le cose sono cambiate, e nei prossimi giorni guarderò le valutazioni per decidere cosa fare». E Pietro Giuliani, di Azimut aggiunge: «Il ritorno è positivo per il sistema Paese. Ma sarà il nuovo management a decidere se aumentare la vocazione industriale o incrementare l’interesse finanziario mettendo in atto uno spezzatino».

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