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(WSI) – Enrico Bondi ha chiuso in bellezza il 2006 con un nuovo colpo sul fronte delle cause legali. Venerdì 29 a mercati chiusi Parmalat ha reso noto di aver raggiunto un accordo tombale con Bnl e la sua controllata Ifitalia. La banca romana, oggi di proprietà di Bnp, corrisponderà 112 milioni di euro all’azienda di Collecchio, che a sua volta si impegna rinunciare a tutte le azioni risarcitori e revocatorie. Bnl rinuncia infine a insinuarsi nel passivo della procedura Parmalat. Anche questa volta Bondi è riuscito a ottenere una cifra compresa fra il 30 e il 40% di quanto richieste, un valore decisamente alto rispetto alla media di casi analoghi.
A tre anni esatti dal crack, Parmalat vede così sempre più allontanarsi lo spettro del suo passato e gli ex obbligazionisti che hanno resistito alla tentazione di vendere le azioni ricevute in cambio dei bond hanno già recuperato almeno la metà del loro investimento iniziale.
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La percentuale esatta varia a seconda del tipo di emissione detenuta e del quantitativo posseduto; a titolo esemplificativo, prendiamo in considerazione i bond emessi dalla Parmalat Finance Corporation, la società veicolo di diritto olandese che ha emesso la maggior parte delle obbligazioni poi finite nelle tasche dei piccoli risparmiatori italiani. Ebbene, il recovery ratio di questi titoli di debito fu fissato dall’allora commissario straordinario Enrico Bondi all’11,9 per cento.
Questo significa che per ogni 100 euro di valore nominale delle obbligazioni venivano assegnati 11,9 titoli della nuova Parmalat (del valore nominale di un euro). Ogni azione dava inoltre diritto all’assegnazione di un warrant con strike price di un euro e scadenza nel 2015 (fino a un massimo di 650 warrant). Chi possedeva dunque 10mila euro di bond ha ricevuto 1.190 azioni Parmalat e 650 warrant; al risparmiatore che aveva invece investito 5mila euro sono stati assegnati 595 titoli e altrettanti warrant.
Ai prezzi fatti segnare attualmente in Borsa dall’azienda di Collecchio (3,3 euro) i 1.190 titoli valgono 3.927 euro a cui si vanno ad aggiungere i 1.495 euro dei warrant (che oggi valgono 2,3 euro), per un totale di 5.422 euro. Una cifra che corrisponde al 54% dei 10mila euro investiti prima del crac in obbligazioni. Nel caso di un investimento di 5mila euro, la percentuale recuperata è ancora superiore: ai 1.963 euro dei titoli si aggiungono i 1.368 dei warrant, per un totale di 3.331 euro, ovvero il 66% dell’investimento originario.
Se si prendono in considerazione i bond emessi in Lussemburgo dalla Parmalat Soparfi, che vantavano una recovery ratio del 27,9% (21% della Soparfi più il 6,9% della Parmalat Spa), la quota recuperata sale addirittura al 107% (nel caso di un investimento in bond di 10mila euro), cioè si è riusciti a recuperare tutto il capitale iniziale più l’inflazione. In alcuni casi, infine, l’obbligazionista coinvolto nel crac si trova in portafoglio una lauta plusvalenza, ma va detto che i bond del Centro Latte Centallo, di Eurolat e di Lactis erano quasi esclusivamente in mano alle banche e agli investitori istituzionali. Insomma, nessun piccolo risparmiatore è, almeno fino a ora, uscito vincitore dal più grande fallimento di tutti.
Ci sono però buone probabilità che la percentuale salga ulteriormente, visto che le cause americane stanno per entrare nel vivo. Il 31 dicembre scade la sospensione decisa dal giudice Lewis Kaplan del distretto meridionale di New York per favorire una soluzione extragiudiziaria del contenzioso con Bank of America, Deloitte e Grant Thornton. Fino a oggi non sono giunte notizie di avvenuti accordi ma dalla trascrizione dell’ultima udienza emerge chiaramente l’intenzione del magistrato newyorkese di voler percorrere fino in fondo questa strada e di arrivare a un accordo globale. «La scusa che nessun altro accusato abbia fatto un’offerta alla controparte e che nessuno voglia fare il primo passo non è più una giustificazione valida. Io vi ingiungo quindi di trattare», ha detto Kaplan.
In attesa di importanti novità da Oltreoceano, da Parma è arrivata la notizia che l’ex patron Calisto Tanzi sta preparando il suo ritorno nel mondo degli affari nel settore dei succhi di frutta. Il piano sarebbe stato discusso con alcuni ex manager Parmalat e ci sarebbero pure i finanziamenti necessari per partire. Tanzi deve comunque aspettare la sentenza nel processo Parmalat, perché fino a quel momento non potrà avere cariche né detenere quote azionarie. Intanto il titolo Parmalat si appresta a chiudere un ottimo 2006. La sua performance da inizio anno (+58%) è la terza migliore all’interno dell’indice S&P/Mib: meglio hanno fatto solo Fiat e Tenaris, che sono quasi raddoppiate.
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