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(WSI) – Per gli ex obbligazionisti Parmalat gli ultimi due anni sono stati un inferno ma, a conti fatti, non si può dire che da questa vicenda escano con le ossa completamente rotte. Le perdite naturalmente ci sono, ma ai possessori dei bond argentini e di quelli Cirio è andata peggio.
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Nel caso di Parmalat il recovery rate (questo il termine tecnico con cui viene indicato la percentuale di investimento iniziale recuperato in caso di default, ndr) potrebbe essere superiore al 40% nel caso in cui l’azione si mantenesse sui livelli attuali (2,6 euro). Una percentuale che va confrontata con il 38% indicato da Moody’s come media mondiale negli ultimi 35 anni, con il 30% offerto dal governo argentino ai suoi creditori, che oggi vale addirittura leggermente meno (tralasciando poi il fatto che molti obbligazionisti italiani non hanno accettato la proposta) e con il 6,5% fino a oggi incassato dai risparmiatori coinvolti nel caso Cirio (altri rimborsi sono però essere in arrivo, portando il recupero medio al 21%).
I CALCOLI
I bond più diffusi fra i piccoli investitori, cioè quelli emessi dalla Parmalat Finance Corporation BV, hanno un concambio dell’11,9%. Tenuto conto che il valore nominale delle azioni assegnate è di 1 euro e che i prezzi attuali a cui vengono scambiati i titoli è di 2,6 euro, gli obbligazionisti recuperano il 31% del loro investimento iniziale. Un obbligazionista che investì all’epoca 10mila euro nei bond deve sperare che il titolo arrivi a 5,78 euro per recuperare completamente il proprio capitale. Il meccanismo di assegnazione dei warrant è tale che il «prezzo di indifferenza» (ovvero il recupero totale del capitale) varia al variare del’investimento iniziale: così, chi ha investito 5mila euro e esercita i warrant recupera il capitale con il titolo Parmalat a 4,70 euro; chi ha investito 20mila euro recupera a 6,81; e chi aveva messo 30mila euro trova il suo break even a 7,26 euro.
I WARRANT
Questo strumento non è stato ancora quotato, ma presto ai neo azionisti Parmalat verrà consegnato un warrant per ogni azione posseduta fino a un massimo di 650 warrant che consentono di sottoscrivere un’azione Parmalat al suo valore nominale (1 euro). Quindi con un investimento di ulteriori 650 euro, il piccolo azionista dell’esempio precedente (10mila euro investiti in bond Parmalat) si ritroverebbe con un pacchetto di 1.840 il cui valore teorico (teorico perché i warrant non sono ancora disponibili) ai prezzi di venerdì 7 è di 4.784 euro, pari a un recovery rate del 47,8%.
CHE FARE ORA
«Non si tratta di un titolo da gestione ordinaria – spiega Dario Michi, responsabile della gestione patrimoniale di NovaGest sim – le incognite sono troppe e gli aspetti legali-finanziari contano di più di quelli industriali; chi però già le possiede può tenerle». Secondo il gestore il titolo potrebbe riservare piacevoli sorprese se un concorrente lanciasse un’Opa. Per Riccardo Bindi, gestore di Sg Asset Management, l’azionista Parmalat deve sapere che sul titolo non c’è alcuna visibilità e che i fondi comuni faranno passare molto tempo prima di prenderne in considerazione l’acquisto.
CHI CI GUADAGNA
Non tutti hanno perso soldi nel crack Parmalat. Anzi, c’è anche chi porta a casa una ricca plusvalenza. Si tratta dei creditori di Eurolat e Lactis, la cui recovery ratio del 100%. Il loro capitale è triplicato. Niente male per chi intendeva solo ricevere gli interessi. Fra i vincitori però ci sono anche quei lettori di Bloomberg Investimenti che hanno seguito il consiglio, dato nel giugno 2004, di comprare i bond Parmalat in default: il loro investimento è più che raddoppiato.
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