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PARMALAT: BONDI RISTRUTTURA, TANZI SI IMPEGNA

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Bondi superconsulente di Parmalat, addio al terzo direttore finanziario in meno di un anno, nessun passo indietro della famiglia Tanzi. Questo l’esito di una giornata febbrile, trascorsa in attesa delle decisioni del cda sul futuro del gruppo alimentare, mentre una Borsa nervosa, in mancanza di indicazioni durante la seduta sulla capacità del gruppo (sospeso dalla vigilia dagli scambi) di ripagare il bond da 150 milioni di euro scaduto l’8 dicembre, ha punito le banche creditrici.

Solo al termine del consiglio, in tarda serata, Parmalat ha assicurato che rimborserà l’obbligazione entro il termine ultimo del 15 dicembre. Nella sede della società a Collecchio, in provincia di Parma, dove si sono succedute dal mattino riunioni e telefonate, é arrivato in giornata anche il vicepresidente e amministratore delegato della Lucchini, Enrico Bondi. Il risanatore, visto all’opera negli anni passati in Montedison, in Telecom e più di recente nel gruppo Ligresti, ha sciolto le riserve e ha ricevuto in serata dal consiglio di amministrazione un incarico di consulenza, che lascerà peraltro immutati – da quanto si è appreso da Brescia – il rapporto e il posto al vertice della Lucchini.

A Bondi, la cui candidatura è stata sostenuta da buona parte dalle banche creditrici, spetta un compito di assistenza nell’ “eventuale” preparazione di un piano di ristrutturazione finanziaria e industriale, che sarà nel caso messo a punto da una merchant bank (Lazard e Mediobanca i nomi più gettonati nelle ultime ore).

Nel frattempo si è consumata una nuova rivoluzione a capo della finanza del gruppo, con l’uscita del responsabile Luciano Del Soldato, che meno di un mese fa aveva sostituito Alberto Ferraris, a sua volta nominato direttore finanziario a marzo al posto di Fausto Tonna. A dispetto delle indiscrezioni che parlavano di un passo indietro del patron Calisto Tanzi, la famiglia ribadisce invece il suo impegno nel gruppo, mentre resta in alto mare il recupero dei 496 milioni dal fondo delle Cayman Epicurum.

Durante la giornata, in mancanza delle rassicurazioni da Collecchio, chieste alla vigilia dalla Consob, il mercato, sul quale aleggiava lo spettro di Cirio, ha preso di mira gli istituti di credito più esposti verso Parmalat. A guidare i ribassi è stata Capitalia con un tonfo del 7,1% e il 6,6% del capitale passato di mano. Giù anche Credem (-5,15%) e Bipielle (-4,5%), pesanti Intesa (-2,56%), Montepaschi (-2,49%) e Bnl (-2,23%). Calo più contenuto per San Paolo Imi (-0,75%) mentre si è mossa in controtendenza Unicredit (+0,30% a 4,39 euro), meno esposta.

Non sono valsi a migliorare l’umore degli investitori i segnali arrivati dalle agenzie di rating come Standard&Poor’s che ha declassato a ‘spazzatura’ il rating di Parmalat ma ha rilevato che l’esposizione del sistema bancario verso l’azienda “non è tale da porre sotto pressione il rating delle singole banche italiane”. Stesso discorso per Fitch, che “non crede che i rating di qualunque delle banche coinvolte siano a rischio in questo momento”. Le banche “se anche in questo caso si parlerà di progetti seri e convincenti non si tireranno indietro”, ha affermato da parte sua l’ad di Intesa, Corrado Passera. “E’ un’azienda importante: dobbiamo essere fiduciosi nel fatto che il sistema bancario è solido e ogni problemi troverà risposta nei tempi e nelle sedi adeguate”, è stato il commento di Luigi Abete, presidente di Bnl.