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PARMACRACK, ARRIVANO I RIMBORSI ALL’ AMERICANA

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Per gli obbligazionisti italiani e stranieri del gruppo Parmalat si è aperta la via verso i rimborsi «all’americana». Quelli che portano il timbro della class action, lo strumento legale che permette a tutti i risparmiatori che hanno subito un danno da una società di unire le proprie forze davanti al tribunale competente di New York.

Il giudice Usa Lewis Kaplan ha nominato la società italiana Cattolica Partecipazioni, le due francesi So.lo.trat e S.M.T.P e il fondo belga Capital & Finance Asset Management, tutte e quattro rappresentate da Deminor, «lead plaintiff» nella causa di risarcimento danni per nove miliardi contro l’ex patron Calisto Tanzi, gli ex amministratori e sindaci del gruppo, la Deloitte & Touche, la Grant Thornton, Citigroup e Bank of America. Il termine tecnico «lead plaintiff» indica che le società sono ritenute dal giudice i soggetti che meglio rappresentano gli interessi degli obbligazionisti. Come tali decideranno anche la strategia. Mentre per gli azionisti è stato nominato il fondo inglese Hermes, socio nel momento del crac con oltre il 2% della società di Collecchio.

La buona notizia si allarga automaticamente anche ai piccoli risparmiatori – solo gli obbligazionisti incagliati tra i crediti del gruppo sono stimati tra gli 85 e i 100 mila – su vari fronti. Prima di tutto, Altroconsumo aveva dato mandato (gratuitamente) a Deminor di rappresentare anche 2.000 piccoli associati.
E per tutti gli altri risparmiatori cosa succede ora? La procedura americana non ha termini di scadenza da rispettate ed è possibile, spiega Umberto Mosetti, partner in Italia di Deminor e professore di Diritto dell’economia presso l’Università di Siena, «partecipare anche a posteriori quando si arriverà a una transazione o a una sentenza. L’importante è poter dimostrare di averne titolo. Cioè, aver acquistato dei bond del gruppo negli ultimi cinque anni».

E’ la prima volta che il tribunale newyorkese affida la rappresentanza completamente a dei soggetti europei. «Un passaggio importante – continua Mosetti – perché ci permetterà di difendere il più ampiamente possibile gli interessi degli obbligazionisti». La causa sarà dunque accessibile a tutti i tipi di obbligazionisti del gruppo che rappresentano un danno subito di circa «8 miliardi» mentre «un altro miliardo» è quello del fronte degli azionisti.

In ogni caso, è anche la prima volta che agli italiani vengono aperte le porte di una class action così importante. Segno anche che la stagione degli scandali, dall’Argentina alla Cirio, ha spinto i creditori ad affinare le proprie armi. Sulla crisi Parmalat ieri è intervenuto anche Tommaso Padoa Schioppa, membro del board della Bce, secondo il quale il punto cruciale è stato la «carenza di trasparenza nelle informazioni».

I tempi della causa. Deminor, in rappresentanza degli obbligazionisti, ha tempo ora 60 giorni per presentare una memoria introduttiva. Seguirà probabilmente un lasso di tempo uguale per la difesa. Poi, partirà la procedura che storicamente è molto veloce. In media le cause collettive arrivano a compimento in 12 mesi. Ma spesso il binario è molto più veloce perché le banche pur di evitare la causa preferiscono chiudere prima con degli accordi extragiudiziali. Solo poche settimane fa Citigroup ha accettato di pagare 2,5 miliardi di dollari per chiudere la vertenza con gli obbligazionisti del più grande crac della storia: WorldCom.

Mentre la giustizia segue la sua strada a New York, anche a Collecchio si muove qualcosa. Arriverà probabilmente venerdì il piano definito del commissario straordinario Enrico Bondi in occasione dell’incontro a Roma con il ministro Antonio Marzano e il comitato di sorveglianza. Il decreto Marzano che regola la procedura seguita da Bondi si trova così alla prova dei fatti per la prima volta. La normativa prevede la possibilità di utilizzare strumenti diversi nella procedura: il rimborso potrebbe così avvenire parte in cash magari per i fornitori, parte in obbligazioni e in azioni. Ma per ora manca il numero più importante. La svalutazione dei crediti e il concambio tra vecchi bond e nuove azioni. Numero che potrebbe arrivare venerdì.