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(WSI) –
Dopo un’estate di speculazioni su immobiliare Usa, mutui subprime e dopo i primi profit warning (Citigroup è stata l’ultima in ordine cronologico), ecco che ora si è arrivati al redde rationem. La prossima settimana inizierà infatti la stagione di trimestrali Usa: un test importante per tastare il polso alla locomotiva America. Certo, nel secondo quarter i profitti operativi delle società dell’S&P500 erano saliti oltre le attese al 9,9%, spingendo i mercati ai top di luglio. Ma allora, a fornire benzina erano stati i finanziari: con un peso del 20% sull’indice, avevano contribuito agli utili per il 28 per cento. Ma ora questo settore è fuori gioco e gli altri devono ballare da soli. E con una congiuntura che sembra virare in negativo le prospettive non appaiono rosee.
SI PARTE. Ad aprire le danze sarà come sempre Alcoa, che martedì 9 ottobre, dopo la chiusura del mercato, comunicherà i propri risultati: le attese sono di 0,66 dollari di eps, un valore che va a confrontarsi con il precedente dato di 0,62. Ma lo stesso giorno anche Chevron, dopo aver già annunciato un maxi buyback da 15 miliardi di dollari, illustrerà l’andamento dei conti del terzo quarter. Pur con una quotazione media del petrolio salita fra il secondo e il terzo trimestre da 65 a 75 dollari per barile, gli analisti si aspettano un calo dell’eps del colosso energetico a 2,18 dollari (2,29 lo scorso anno). La prima settimana di trimestrali si concluderà, come al solito, con General Electric, venerdì 12. Per la conglomerata Usa le stime più recenti sono di 55 centesimi per azione (erano 49 nel 2006).
AVANTI PIANO. «Si tratterà del più basso incremento degli eps degli ultimi cinque anni – avvertono da S&P – Le attese per il terzo quarter sono infatti di 23,58 dollari, il 2,4% in più dello stesso periodo del 2006. Era dal primo trimestre del 2002, quando l’S&P500 mise a segno un misero +1,1%, che non si registrava un aumento così ridotto», concludono gli esperti di S&P. Non si tratterà tuttavia di una riduzione generalizzata delle prospettive di crescita. Come spiega Howard Silverblatt, della società di rating, «con il comparto finanziario fuori gioco difficilmente avremo buoni risultati in futuro sull’S&P, considerando che la dispersione a livello di settore è elevata». Spiegano da S&P: «Per il comparto delle telecomunicazioni le attese sono di un rialzo degli utili del 25%, per l’healthcare del 16,% per l’It del 10% e del 7% per gli industriali. Le utility dovrebbero restare al palo e gli energetici arretrare del 4%».
EFFETTO VALUTARIO. «Vi è però un aspetto importante da rilevare, e cioè che mentre negli Usa l’economia sta rallentando a causa dei problemi di immobiliari e finanziarie, nel resto del mondo, invece, è ancora molto forte – dice Dirk Van Dijk, di Zacks Investment Research – A questo si aggiunge l’effetto valutario. Il dollaro è più debole dello scorso anno: ad esempio contro l’euro ha perso quasi l’8%». Le big cap statunitensi si troveranno così agevolate sia sul versante competitivo, grazie alla svalutazione del biglietto verde, sia nel momento in cui convertiranno in dollari gli utili realizzati in valute forti. A tutto ciò si aggiunge poi il fenomeno buyback. Le operazioni di riacquisto di azioni proprie sul mercato avranno due effetti: uno controdiluitivo che aiuterà le società a mostrare bilanci con eps in crescita, l’altro di mantenere un basso rapporto fra prezzo e utili. «Ma le prospettive, secondo il consensus, per i successivi trimestri rimangono ancora improntate all’ottimismo – interviene Jean Luc Buchalet di Factset – Nell’ultimo trimestre dell’anno la crescita dei profitti è attesa al 12,5% e al 10,9% per i primi tre mesi del 2008».
RISCHI DI RECESSIONE. Questo significa, tuttavia, che gli esperti non mettono in conto possibili inversioni di trend a livello di utili. Uno scenario che Buchalet giudica eccessivamente ottimista. «Un primo indicatore – spiega l’esperto di Factset – è rappresentato dalla discesa dei margini reddituali. Dopo la forte crescita del quinquennio 2001-06, mi sembra improbabile che possa migliorare ancora, in un contesto economico più difficile; del resto già prima che scoppiasse la crisi subprime le attese erano di un calo al 9 per cento. Ecco che, quindi, le ipotesi più plausibili sono ora di un margine sotto il 9% per il 2007 e intorno all’8% l’anno prossimo». Negli ultimi 46 anni questo calo ha rappresentato quasi sempre un primo segnale Orso per la Borsa: le statistiche mostrano come nell’anno successivo a un picco di redditività l’S&P500 perda in media oltre il 9,6 per cento. «Mentre una caduta dei profitti, attesa per fine 2008 – conclude Buchalet – è in genere anticipata da un minimo relativo dell’S&P500 di circa 11 mesi (si veda la tabella in pagina, ndr). Da ora in avanti è meglio quindi rimanere all’erta e non liquidare eventuali flessioni dei listini come semplici correzioni».
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