Si dice in ambienti finanziari che Antoine Bernheim, il presidente di Generali, viva un periodo di seconda giovinezza. Solo quarant’anni fa, il patron francese del Leone di Trieste, sarebbe catalogato tra “i grandi in età venerabile”, ma a pensarci bene Bernheim potrebbe essere un commilitone del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e di un giudice diventato importantissimo per gli italiani a causa della recente Calciopoli, cioè l’ex presidente della Corte costituzionale, Cesare Ruperto. Insomma, scusandoci per i paragoni, Bernheim potrebbe diventare uno dei protagonisti di un nuovo corso della vita italiana, naturalmente nel campo di sua competenza, quello della grande finanza. Ebreo e francese, quindi poco incline alla simpatia verso i teutonici, ma italianista in un contesto europeo per convinzione, Bernheim ha appena segnato un bel colpo: l’acquisizione di Toro, ingrandendo Generali secondo una strategia di consolidamento che è legata al mercato globale. Ma, in questi mesi, il “grande vecchio” di scuola Lazard para anche altri colpi, dipende dai punti di vista. Quando Romain Zaleski, il franco polacco in perpetua sintonia con il presidente di Banca Intesa, Giovanni Bazoli, si prende un consistente “pacchetto” di Generali, Bernheim ringrazia da gran signore. Ma è sincero? Oppure comprende che qualcuno vuole accaparrarsi la “galassia del Nord” con una mega-fusione tra Banca Intesa, Mediobanca e Generali? È una vicenda oggetto di studio. Poi, sempre Bernheim, non vuole nel board di Generali un rappresentante del gruppo Ligresti, che con Sai-Fondiaria non rappresenta proprio “nulla” nel vecchio salotto buono di questo Paese. A ben vedere, in parte, anche Ligresti affonda il colpo contro la vecchia Mediobanca ai tempi dell’uscita di Vincenzo Maranghi, rivolgendosi a Intesa. Forse Antoine Bernheim deve consumare qualche vecchia “vendetta” contro qualcuno? Magari con chi sfila Banca Commerciale alla vecchia Mediobanca di Enrico Cuccia? È difficile orientarsi in questo campo, ma tutto ha il suo peso nelle vicende umane, anche in quelle finanziarie. Anche tra questi personaggi che maneggiano miliardi di euro, “restano i sassolini nella scarpa”. Un fatto sembra certo: il grande risiko che interesserà l’Italia e anche l’Europa non riguarda tanto le banche, ma il settore delle assicurazioni (magari con una coda di bankassurance) e le telecomunicazioni. Qui si aprono scenari interessanti che qualcuno dice partirebbero addirittura in agosto, nel mese canonico per l’Italia dei grandi cambiamenti. Forse è meglio una aggregazione di Generali con la francese Axa (che è già bankassurance) piuttosto che aspettarsi un’azione dei tedeschi di Allianz.