
Qualcosa sta cambiando nel silenzio dei dati bancari: l’epoca dei trasferimenti milionari verso la Svizzera sembra finita. I capitali italiani ora prendono nuove strade, diretti verso destinazioni che, fino a qualche anno fa, sembravano marginali.
Parliamo di Abu Dhabi, Turchia e Russia, che oggi si affermano come snodi cruciali nei rapporti finanziari con l’Italia. A dirlo è l’ultima analisi dell’Unità di informazione finanziaria (UIF) della Banca d’Italia, come riporta ItaliaOggi, che tiene sotto controllo i flussi tra l’Italia e i Paesi considerati a fiscalità privilegiata o carenti nei sistemi antiriciclaggio.
La nuova mappa dei flussi: Abu Dhabi in testa
Nel secondo semestre del 2024, Abu Dhabi ha superato la soglia degli 8 miliardi di euro in bonifici, tra somme ordinate e ricevute dalle banche italiane. A seguire troviamo la Turchia e la Russia, entrambe con oltre 6 miliardi movimentati. Si tratta di numeri significativi, soprattutto se confrontati con il 2019: allora Abu Dhabi generava poco più di 2,5 miliardi di flussi, mentre la Svizzera dominava con oltre 22,5 miliardi in entrata. Dietro c’erano la Serbia, con oltre 10 miliardi, e Hong Kong, poco sotto i 5 miliardi. Oggi la situazione è completamente diversa: le vecchie piazze finanziarie perdono centralità e il baricentro dei flussi si sposta verso rotte meno tradizionali.
Esce la Svizzera, entrano Croazia e Bulgaria
Fino al 2023, la Svizzera era il punto di riferimento per i capitali italiani. Ma l’accordo bilaterale firmato con l’Italia nell’aprile dello stesso anno, diventato operativo nel 2024, ha escluso la Confederazione dalla lista dei Paesi a fiscalità privilegiata. Questo cambiamento ha avuto un effetto immediato sulle rilevazioni della UIF: la Svizzera non è più una destinazione monitorata, e questo ha spostato l’attenzione su altri Paesi, spesso più opachi e meno regolamentati.
Due new entry nella lista delle giurisdizioni a rischio sono Croazia e Bulgaria. Il GAFI le ha inserite nella “lista grigia” dei Paesi che presentano carenze sistemiche nella lotta al riciclaggio e nella prevenzione del finanziamento al terrorismo. Questo le rende vulnerabili e potenzialmente attrattive per chi cerca vie per schermare capitali.
La Bulgaria ha iniziato a lavorare sul rafforzamento della trasparenza nei registri societari, sull’introduzione di controlli più severi per gli operatori in valute virtuali e sul miglioramento della cooperazione tra le autorità competenti. L’obiettivo è colmare le lacune nel sistema di rilevamento delle operazioni sospette e aumentare la capacità di reazione contro fenomeni illeciti.
La Croazia, invece, è stata segnalata per la gestione poco trasparente del contante nel settore immobiliare e per il ritardo nel potenziare le attività investigative in campo finanziario. Le autorità croate stanno collaborando con il GAFI per completare una valutazione nazionale dei rischi e rafforzare i controlli sulle società di comodo e le fondazioni opache.
I flussi non si fermano, diventano solo meno visibili
Nonostante i flussi verso i Paesi a rischio rappresentino una quota relativamente bassa dell’operatività bancaria italiana – lo 0,9% in entrata e lo 0,8% in uscita – il volume complessivo resta elevato: quasi 90 miliardi di euro in soli sei mesi.
Rispetto al 2019 si osserva un leggero calo: da 50,5 a 49,3 miliardi in entrata e da 45,1 a 40,1 miliardi in uscita. Ma non si tratta di una vera ritirata dai paradisi fiscali. Questo apparente calo è in gran parte dovuto all’esclusione della Svizzera dai monitoraggi della UIF. In altre parole, i capitali non sono spariti, sono semplicemente usciti dai radar.
Il quadro che emerge è chiaro: la direzione dei capitali cambia, le regole si aggiornano, ma i rischi rimangono. Se la Svizzera rappresentava un problema noto, le nuove destinazioni potrebbero rivelarsi ancora più insidiose. Meno visibili, meno controllate, ma altrettanto cruciali nel panorama finanziario italiano.