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(WSI) –
Ormai è ufficiale che nel 2006 l´Italia ha ritrovato il sentiero della crescita economica e che questa è stata, per le nostre tradizioni, abbastanza forte.
Conviene, a questo punto, chiedersi che razza di crescita abbiamo avuto, anche per cercare di capire che cosa può succedere in avvenire. Al primo sguardo verrebbe voglia di dire che, rispetto a altri periodi fortunati della nostra storia recente, non è cambiato niente. A portarci in ripresa sono state le esportazioni. In sostanza, siamo stati trascinati dentro la più generale ripresa dell´economia mondiale e europea.
In realtà sono successe delle cose abbastanza interessanti. E qualcosa è cambiato. L´Italia che è andata incontro a questa crescita non è la stessa di prima, non è quella che abbiamo sempre conosciuto.
La fotografia della nostra crescita (che su base annua è stata dell´1,9 per cento) si vede meglio se si analizzano soprattutto i dati dell´ultimo periodo dell´anno, il quarto trimestre. In quei tre mesi che vanno da ottobre a dicembre l´Italia ha conosciuto un boom abbastanza straordinario: la sua crescita è stata infatti dell´1,1 per cento, il miglior dato trimestrale degli ultimi sette anni. In quei tre mesi, in sostanza, l´Italia è cresciuta al ritmo del 4,4 per cento (su base annua). Una vera enormità, per le nostre abitudini.
Ma il punto interessante non è questo. E´ più utile andare a vedere da che cosa è stata determinata la crescita dell´1,1 per cento nell´ultimo trimestre del 2006. La risposta dell´Istat è molto semplice. Fra i contributi positivi dobbiamo considerare le esportazioni, che hanno dato una mano nella misura dello 0,7 per cento. Subito dopo abbiamo la domanda interna, che ha contato per lo 0,5 per cento. E´ evidente già da questi numeri che la chiave del successo del quarto trimestre sta nelle esportazioni, che infatti sono aumentate (rispetto al trimestre precedente) di ben il 4,5 per cento.
Ma i dati sulla domanda interna sono, in un certo senso, quasi ancora più interessanti.
Abbiamo appena visto che la domanda interna (tutto ciò che è non-esportazioni) ha contribuito per lo 0,5 per cento (su una crescita totale dell´1,1 per cento). Ebbene, lo 0,5 per cento dell´aumento della domanda interna è stato fatto in gran parte dagli investimenti, che hanno contribuito per lo 0,4 per cento. La spesa della pubblica amministrazione ha contribuito esattamente dello zero per cento e la spesa delle famiglie ha contribuito per lo 0,1 per cento. Insomma, all´interno del paese l´unica cosa che si è mossa davvero sono stati gli investimenti. E qui abbiamo, se si vuole, un primo in gradimento della fotografia della nostra crescita.
Da un lato abbiamo un elemento di debolezza (siamo sempre trascinati dalle esportazioni), ma dall´altro abbiamo un elemento di forza (la robusta crescita degli investimenti). E qui non si scappa: un sistema produttivo che investe è un sistema che pensa di poter continuare a crescere, di poter andare avanti, di avere qualcosa da dire sui mercati internazionali. Se facessimo un film invece di una fotografia, vedremmo un sistema produttivo che si muove, che guarda anche al dopo.
Ma si può provare a fare un ingrandimento da un altro punto di vista. Un sistema trainato dalle esportazioni non è il massimo (anche se poi la Germania è molto simile a noi). Visto, però, che al momento questo abbiamo, conviene guardare se, come dicono gli economisti, “ci siamo spostati in avanti nella scala del valore”. In termini più semplici, conviene guardare se siamo sempre un paese che esporta soprattutto prodotti di basso profilo, di basso valore aggiunto oppure se è cambiato qualcosa.
E in questo caso la risposta è positiva. Le nostre aziende hanno cominciato a esportare roba un po´ più pregiata. E infatti fra i settori in crescita abbiamo le macchine utensili e certa meccanica di pregio, abbiamo il tessile-abbigliamento e la pelletteria (ma di fascia alta, ovviamente, perché a quella di fascia bassa provvedono altri paesi).
A questo punto possiamo provare a ricomporre le immagini di questa nostra crescita recente. Si tratta di un paese che ha ritrovato la capacità competitiva (in una certa misura), e infatti ha costruito il suo boom quasi esclusivamente sulle esportazioni. Non è decollata, anzi è rimasta inchiodata a dove si trovava, la domanda interna. Lo Stato non ha speso un soldo in più (anzi, su base annua ha speso lo 0,1 per cento in meno, il che è ottimo).
E la famiglie si sono mosse solo di un soffio. Perché?
Perché quando il paese va in boom, i cittadini rimangono tappati in casa loro e non spendono? Due le risposte. La prima è che evidentemente non c´è abbastanza fiducia sul fatto che la ripresa sia una vera ripresa e non un raggio di sole dentro una tempesta. Ma, probabilmente, ci sono anche ragioni più concrete. Il boom, per ora, non si è tradotto in nuova occupazione stabile, cioè in nuove buste paga solide e rispettate. E le buste paga esistenti sono rimaste quelle che erano, cioè non esaltanti. E allora la gente rimane prudente.
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