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Padoan, Grasso e persino Prodi: chi sarà futuro premier?

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Sono quattro le opzioni principali per la scelta del nuovo traghettatore, il primo ministro di un governo di transizione che servirà soprattutto a cambiare la legge elettorale, assicurarsi che la legge di Stabilità passi lo scoglio del Senato, e forse andare al voto anticipato nel 2017, un anno prima del termine naturale della legislatura.

Il capo del Tesoro Pier Carlo Padoan è in pole position secondo le ultime indiscrezioni dei giornali. In lizza c’è anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento Graziano Delrio, uomo vicino a Renzi che darebbe la maggiore continuità all’azione di governo; l’attuale presidente del Senato ed ex magistrato Piero Grasso, il profilo più istituzionale di tutti quelli proposti; infine un nome più polarizzante e potenzialmente divisivo, come hanno dimostrato anche le ultime elezioni del Presidente della Repubblica e la “rivolta dei 101” parlamentari: l’ex primo ministro Romano Prodi. Visto come è composto il Parlamento, Prodi potrebbe realisticamente conquistare la maggioranza.

L’ipotesi è molto quotata nelle file dem, ma stando alle dichiarazioni dello stesso ex presidente della Commissione Ue potrebbe scontrarsi con l’opposizione del diretto interessato. Prodi ha già fatto sapere di essere contrario a un simile incarico. Altri nomi “altisonanti” sono Emma Bonino, su cui piace il profilo internazionale e sopra le parti. Ben visto da alcuni del centro e centro destra è anche l’ex premier e ex presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato. Ma il Dottor Sottile, anche detto malignamente signor “prelievo forzoso”, non è visto di buon occhio da una grossa parte dall’opinione pubblica.

Se l’obiettivo è quello di mettere a punto le ultime riforme istituzionali fondamentali per poi andare al voto nel 2017, Grasso sarebbe la scelta più sensata. Se invece l’idea degli uomini di Renzi è quella di portare a termine la legislatura e non rischiare di andare al voto già a giugno, allora il favorito diventerebbe Delrio, uomo di fiducia del presidente del consiglio dimissionario. Altri due nomi politici che si fanno, ma che sono realisticamente un “long shot” per la poltrona di Palazzo Chigi sono il ministro della Cultura Dario Franceschini e il responsabile degli Esteri Paolo Gentiloni.

Con voto anticipato sostenibilità Eurozona a rischio

Tutto si saprà presto, dopo le consultazioni del Quirinale, e molto dipenderà dal volere del primo ministro uscente. Il capo dello Stato Sergio Mattarella ha il compito di assegnare a un successore di Renzi il compito di provare a formare una nuova coalizione di governo e cambiare l’Italicum. Se alla Camera il PD gode di una ampia maggioranza, al Senato sta in piedi grazie al sostegno dei moderati di Area Popolare.

Se si va al voto con l’attuale legge elettorale il partito favorito per la vittoria finale sarebbe il MoVimento 5 Stelle (dato dai sondaggi al 30% delle preferenze al primo turno e vincitore al secondo turno sia contro il PD sia contro la coalizione di centro destra). L’idea diffusa di commentatori e analisti è che Mattarella non lo permetterebbe.

Secondo gli analisti di Kempen Capital Management “l’ipotesi di elezioni anticipate (con Italicum) potrebbe nuovamente creare dubbi sulla sostenibilità dell’Eurozona e/o dell’Unione Europea”. Se oggi i mercati tengono malgrado l’apertura di una fase di incertezza politica in Italia è solo perché lo scenario di una sconfitta era stato già scontato e perché tra tre giorni si riunisce la Bce che è pronta a potenziare il Quantitative Easing e alzare uno scudo per i Btp.

Padoan era atteso oggi stesso a Bruxelles per assicurare i leader europei della futura stabilità del suo paese, ma ha annullato il viaggio. Forse proprio perché consapevole del fatto che potrebbe essere presto designato come nuovo premier. Prima del voto di domenica, i capi di governo dei principali Stati membri dell’Unione Europea avevano a un certo punto anche ipotizzato di convocare una riunione straordinaria sull’Italia, visto anche lo stato traballante del settore bancario, in crisi patrimoniale e appesantito da una montagna di crediti deteriorati in portafoglio.