(9Colonne) – Roma, 27 lug – Pier Carlo Padoan, Direttore Esecutivo per l’Italia presso il Fondo Monetario Internazionale, boccia la proposta, avanzata da Sarkozy, di chiedere alla Banca Centrale Europea una politica di indebolimento del tasso di cambio dell’euro. “Si tratta – scrive Padoan su lavoce.info – di una richiesta sbagliata o addirittura controproducente. In primo luogo occorre chiedersi in che modo la Bce potrebbe mettere in atto una simile politica. Una politica di intervento sui mercati dei cambi, un acquisto di dollari, avrebbe nel migliore dei casi un effetto limitato nel tempo e nella dimensione, sopratutto se effettuata unilateralmente e in una fase in cui i comportamenti di mercato vanno nella direzione opposta. Una politica monetaria più accomodante, in un contesto di crescita elevata avrebbe sopratutto l’effetto di alimentare aspettative di inflazione, indebolire il quadro macroeconomico e in ultima analisi la crescita”. Tutto ciò non vuol dire però che non sia possibile o utile definire una politica per l’euro. Ma per definirla occorre cambiare prospettiva. “Ciò che rende oggi preoccupante la posizione dell’euro nel sistema globale – osserva Padoan – è il fatto che la valuta europea sta ricoprendo il ruolo di “valuta residuale” sulla quale si scaricano le conseguenze dell’indebolimento delle valute degli altri principali paesi. Il dollaro si indebolisce sotto la spinta del deficit corrente degli Stati Uniti e della minore attrattiva per gli investimenti. Le valute asiatiche si indeboliscono perché rimangono legate a quella americana o la seguono da vicino”. Sarebbe nell’interesse dell’area dell’Euro – aggiunge l’economista – giungere a un accordo nel quale “la Cina accettasse di abbandonare il suo legame con il dollaro o, quantomeno, di adottare un peg nei confronti di un basket che comprendesse dollaro ed euro. Sarebbe nell’interesse dell’euro un rafforzamento della sorveglianza multilaterale che fosse più efficace nell’accrescere il tasso di risparmio negli Stati Uniti e l’assorbimento nei paesi ad elevato surplus (compresi i paesi OPEC). Sarebbe nell’interesse dell’euro rafforzare nei fatti la sorveglianza multilaterale sui tassi di cambio”. A questo scopo sarebbe paradossalmente auspicabile una minore e non una maggior quota di partecipazione nel Fmi e nella Banca Mondiale da parte dei paesi europei. “Una singola rappresentanza dell’Eurozona avrebbe infatti un peso inferiore a quello cumulato dei paesi membri, ma avrebbe un peso molto maggiore a livello decisionale perché permetterebbe all’Europa di parlare con una voce sola”.
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