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«PADOA-SCHIOPPA
E’ UN NOTAIO»

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(WSI) –
Più che un ministro, «un notaio». Luca Cordero di Montezemolo è stato sferzante ieri nella riunione mattutina della Giunta confederale, il parlamentino della Confindustria. Deluso, molto deluso, dal ministro dell´Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. L´economista di scuola neo-keynesiana, con un passato alla Banca d´Italia, alla Consob e alla Bce, che aveva garantito il coraggio di realizzare tagli veri ai quattro capitoli della spesa pubblica, sanità, pensioni, enti locali e pubblico impiego. E che per “compensare” gli applausi di Serravalle Pistoiese ricevuti alla Festa della Cgil, aveva chiesto di poter intervenire al Direttivo degli industriali che il 19 luglio si tenne a Milano nella sede dell´Assolombarda.

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L´illusione per Montezemolo è durata fino a ieri. L´applauso dei suoi l´ha anche rincuorato, ma ora nella base industriale è destinato a riemergere forte lo “spirito di Vicenza”, che può trasformarsi in un netto sentimento anti-governativo. Il taglio di cinque punti al cuneo fiscale diluito in due tranche non è esattamente quello che era stato promesso fino a pochi giorni fa. E non è solo una questione di forma. Poi c´è il Tfr con quel Fondo pubblico in cui confluiranno quasi tutte le quote non dirottate dai lavoratori alla previdenza integrativa.

Montezemolo aveva detto sì alla riforma, vincendo la sua battaglia culturale dentro la Confindustria contro quella base di piccole imprese assai riottosa a cedere il Tfr e a dover fare i conti con il credito bancario per il proprio finanziamento. Ora, il presidente della Confindustria e della Fiat, parla di «esproprio ai dipendenti». Dopo aver già detto delle «tentazioni dirigistiche» e del rischio di «ingerenze» dello Stato nell´attività delle imprese.

«Questo – ha attaccato Montezemolo illustrando lo stato del negoziato con il governo – è un momento drammatico e umiliante per il Paese. Quello che è stato scritto nel Dpef non c´è più nella Finanziaria». Il perché lo ha implicitamente spiegato poco dopo: «Il notaio riferisce che i sindacati non accettano che gli interventi sulle pensioni siano presi con la Finanziaria». Già perché «il notaio si limita a prendere atto di ciò che chiedono i sindacati e i partiti della maggioranza». Insomma un ministro dimezzato, schiacciato dalle contraddizioni e dalle debolezze della maggioranza, prigioniero dei veti di Cgil, Cisl e Uil e della radicalità di Rifondazione comunista e degli ambientalisti di Pecoraro Scanio.

La telefonata in diretta a metà della Giunta, tra Montezemolo e il premier Romano Prodi, non ha smorzato i toni, né convinto gli industriali della rotta intrapresa dal governo dell´Unione. Prodi è praticamente restato zitto, ascoltando. Il leader di Viale dell´Astronomia ha rimarcato le sue tesi, le stesse che con determinazione ha esposto poco dopo nella riunione plenaria a Palazzo Chigi. «Abbiamo già dato una disponibilità sul cuneo purché i cinque punti siano tutti nel 2007. Ma sul Tfr non possiamo cedere. È inaccettabile». E ancora «noi ci battiamo per la competitività e per lo sviluppo». Dai suoi è arrivato anche l´applauso e qualcuno è arrivato a minacciare la piazza. Dopo gli avvocati, gli ingegneri e i notai, il ceto medio garantito, ora anche gli industriali nell´agone del conflitto sociale. «Cerchiamo di non cedere al populismo e di non prendere decisioni demagogiche», ha tagliato corto Montezemolo.

E all´interno di Confindustria ha lasciato perplessità la decisione di affidare ad uno dei vice di Montezemolo, Emma Marcegaglia, la dichiarazione, anche se a nome della Giunta, contro le scelte del governo. «La Giunta è un organo sovrano – diceva un industriale – e come tale può esprimersi senza dover delegare nessuno». Forse Montezemolo voleva lasciarsi aperta una via di replica all´eventuale apertura del governo. Ma Prodi è rimasto in silenzio. E per Montezemolo si allontana il momento dell´incasso.

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