ROMA – Il procuratore di Napoli Giandomenico Lepore ha parlato questa sera a Otto e Mezzo, su La 7, dell’inchiesta sulla P4, sostenendo che in Italia i politici si sentono intoccabili e che per conseguenza i pm passano da accusatori ad accusati.
«Penso proprio che i politici si sentano intoccabili perchè quando li tocchi c’è una reazione unanime, quasi che la politica dovesse essere una zona protetta da qualsiasi intervento esterno – ha detto Lepore – Da accusatori passiamo ad accusati. Questa è l’Italia. Noi non abbiamo interesse ad indagare sulla politica. Non siamo dei persecutori della politica ma quando intercettiamo una serie di reati che riguardano la pubblica amministrazione immancabilmente esce fuori la raccomandazione, il politico».
Il procuratore critica anche il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, che ha detto che nell’indagine sulla P4 sarà difficile dimostrare i reati: «Mi meraviglio quando lui, che è un ex magistrato, parla di reati che non vengono fuori. Abbiamo reati gravi su Papa e Bisignani proteggeva altre persone. Ma tutti si sono scandalizzati per la pubblicazione delle intercettazioni ma non si è tenuto conto del contenuto. Solo quando andiamo a toccare determinate persone si parla di polverone, si vogliono delegittimare i magistrati, stiamo subendo un’aggressione vera e propria anche di certa stampa, che poi potremo far valere nelle sedi opportune».
Lepore ha poi affrontato il tema Guardia di Finanza. Le notizie sull’inchiesta della p4 «dall’interno del corpo della Guardia di Finanza sono state portate all’esterno». “La posizione del generale Adinolfi è isolata?”, gli è stato chiesto. «Per quanto riguarda i generali senz’altro – ha risposto il procuratore – ma che ci siano state fughe di notizie, e molte, è un dato di fatto. Abbiamo capito che ci sono state comunicazioni».Lepore ha spiegato che i magistrati napoletani si sono accorti della fuga di notizia quando, ad un certo punto, molti telefoni che erano intercettati «sono andati sotto silenzio tutti insieme». E dunque «abbiamo capito che ci sono state comunicazioni, anche secondo quanto hanno dichiarato i diretti interessati, e dunque abbiamo iscritto nel registro» prima il generale Bardi e poi il generale Adinolfi.
Ma la ricerca delle talpe, ha fatto capire Lepore, non è conclusa. «Bisignani ha detto quello che gli interessava dire, non ha collaborato pienamente – ha sottolineato – e non ha chiarito tanti aspetti che sono ancora oscuri». Quanto a Marco Milanese, il consigliere di Tremonti che si è dimesso ieri, «non è sospettato di aver collaborato alla fuga di notizie». Ma lui «poteva sapere qualcosa che è venuto fuori nel confronto, abbastanza vivace, con il generale Adinolfi». Il quale, ha concluso il procuratore di Napoli, «ha respinto le accuse».
Non ci sono comunque al momento altri ufficiali della Finanza iscritti per ora sul registro degli indagati. La sensazione è che l’attività dei pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio sia concentrata proprio sui rapporti, emersi dagli interrogatori e dalle intercettazioni telefoniche, tra esponenti di primo piano delle Fiamme Gialle e Bisignani. Finora tra i vertici della Finanza risultano indagati soltanto il capo di Stato Maggiore generale Raffaele Adinolfi, e il generale Vito Bardi, comandante interregionale per l’Italia Meridionale, chiamati in causa per aver fatto giungere a Bisignani l’informazione che era sottoposto ad indagini.
Come persona informata dei fatti è invece stato ascoltato in due circostanze l’ex ufficiale della Gdf Marco Milanese, deputato Pdl e collaboratore del ministro Tremonti: Milanese si è dimesso ieri dall’incarico dopo la pubblicazione della notizia che sarebbe stato lui a riferire ai magistrati il ruolo di Adinolfi nella presunta rivelazione del segreto. Una questione che è stata anche al centro di un confronto tra i due disposto nei giorni scorsi dai pm durante il quale Adinolfi ha respinto con fermezza gli addebiti.
Nei prossimi giorni il Tribunale del Riesame fisserà la data dell’udienza per discutere sull’appello presentato dai pm i quali chiedono che nei confronti di Bisignani sia emessa una misura cautelare per il reato di associazione per delinquere dopo che il gip Luigi Giordano non aveva riconosciuto la sussistenza di tale reato. Il fascicolo è stato assegnato oggi alla ottava sezione del Riesame. Anche i legali di Bisignani, gli avvocati Fabio Lattanzi e Giampiero Pirolo sabato scorso hanno depositato una istanza al Tribunale della Libertà chiedendo l’annullamento dell’ordinanza di custodia agli arresti domiciliari per mancanza di esigenze cautelari.