*Questo documento e’ stato preparato da Alessandro Fugnoli, strategist di Abaxbank ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori qualificati, così come definiti nell’art. 31 del Regolamento Consob n° 11522 del 1° luglio 1998 e successive modifiche ed integrazioni. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.
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(WSI) – L’immenso palazzo della Banca Universale Globale di Metropolis è progettato per trasmettere una sensazione di potenza e compattezza monolitica e per incutere timore reverenziale. In questi giorni, tuttavia, chi si muove con un minimo di dimestichezza nell’alveare di saloni, uffici, cubicoli e nel labirinto di corridoi nota umori diversi che si traducono talvolta in comportamenti di segno opposto. Il monolite appare destrutturato. Nell’ala orientale il Wealth Management aumenta ogni giorno la sua esposizione al rischio. Il veloce recupero dei risky asset costringe i gestori a vincere la riluttanza e a comprare a man bassa. La dura disciplina del benchmark costringe anche i più pessimisti a conformarsi, comprando magari (a caro prezzo) qualche put lontana per mettersi a posto la coscienza e riconciliarsi con se stessi. Con i mercati azionari ai massimi storici e gli spread di credito tornati vicino ai minimi di luglio i clienti si sono fatti nuovamente avidi e la rete è inquieta.
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Anche nel gigantesco trading floor dell’ala settentrionale la propensione al rischio è tornata alta. Il carry trading sulle valute è tornato in auge. Oltre a yen, franco svizzero e corona ceca si usa sempre di più il dollaro come valuta di finanziamento. Nell’immediato la caduta del dollaro contro euro è probabilmente terminata, ma nel medio termine c’è ancora spazio e in ogni caso, anche su questi livelli il carry da solo è sufficiente a rendere interessante montare operazioni. La sala operativa è molto attiva in operazioni di vario tipo tese a sfruttare la debolezza strutturale del dollaro. Si compera oro a termine (non fisico, altrimenti la discesa del dollaro neutralizza i guadagni).
Si compera borsa americana (più interessante di quella europea) coprendo il cambio ormai a costo zero. Si comperano usando futures (sempre per neutralizzare l’effetto del cambio) le borse di quei paesi che tengono agganciata la loro valuta al dollaro e sono però in avanzo strutturale delle partite correnti. Questi paesi (Hong Kong, l’area del Golfo Arabico) continueranno ad avere un’asset inflation strutturale di grandi proporzioni che terminerà bruscamente solo alla prossima recessione globale. Si comperano più in generale tutte le borse emergenti, nonostante siano a livelli impensabili fino a qualche tempo fa.
Diversa è l’atmosfera nell’ala occidentale del palazzo, quella che ospita il corporate banking e l’investment banking. Qui gli eventi di agosto si sentono ancora. La ritirata improvvisa dei mercati da segmenti come i finanziamenti per i mutui e quelli per gli LBO ha costretto la banca a farsi carico di operazioni che inizialmente erano state concepite per il mercato. L’attivo si è gonfiato molto proprio nel momento in cui la propensione al rischio della banca scendeva. Nell’ala occidentale non c’è panico. Dopo tutto la banca è patrimonialmente solida. Inoltre la vigilanza della banca centrale di Metropolis fa capire di non volere una stretta esagerata. E’ sufficiente che si lavori per uno smaltimento ordinato verso il mercato degli attivi di qualità più bassa e che più avanti, quando ci sarà di nuovo capitale disponibile, si ripristini una certa selettività negli impieghi. Il fatto che non ci sia più panico non significa però che la situazione si sia già normalizzata. L’interbancario a tre mesi ancora alto (anche se in continua discesa) significa che molte banche hanno ancora bisogno di soldi e che quelle poche che ne hanno in eccesso non sono entusiaste di prestarli ad altre banche.
I mercati finanziari, guardando a se stessi, razionalizzano il loro rialzo dicendo che la crisi è terminata. I più conseguenti si spingono a dire che, stando così le cose, non si vede perché le banche centrali debbano ancora abbassare i tassi (o rinviarne il rialzo). In realtà, le banche centrali sono tenute a guardare la realtà delle banche (e delle economie) su cui vigilano nel suo insieme. Le borse ai massimi vanno bene per ristabilire un clima di fiducia e per sostenere la propensione a consumare e a investire, ma dietro alle borse c’è ancora tutto un mondo che sta faticosamente riorganizzandosi e ha bisogno ancora di tempo. Le politiche monetarie, quindi, rimarranno accomodanti ancora per qualche mese, forse fino a metà 2008. La “Taylor rule” lascia spazio alla Fed per altri 50 punti base di ribasso e forse anche di più. Quanto alla Bce, un minimo di retorica e un euro forte saranno sufficienti a mantenere la credibilità sull’inflazione.
Le borse non potrebbero chiedere di meglio alle banche centrali. Avere insieme una politica accomodante e una crescita globale che il Fondo Monetario stima ancora al 4.9 per cento per il 2008 è quasi irresistibile. Certo, si dirà, ma gli utili? L’impressione è che gli utili, per quanto non particolarmente brillanti, non saranno comunque di ostacolo. Sul settore più penalizzato, le banche, il mercato ha chiuso gli occhi sul terzo trimestre e probabilmente riuscirà a chiuderli anche sul quarto, se sarà necessario.
Il 2007 è stato un alternarsi di due stati d’animo. Il primo, che ha prevalso in marzo, giugno e agosto, è “ci siamo spaventati troppo poco per i problemi del mondo dei crediti e dell’immobiliare”. Il secondo, che ha prevalso in tutti gli altri mesi e che sta prevalendo adesso, è “ci siamo spaventati troppo per i problemi del mondo dei crediti e dell’immobiliare”. Questo andamento bipolare avrà qualche coda nei prossimi mesi, ma in forma attenuata. La nostra scommessa è che il secondo stato d’animo resterà prevalente la maggior parte del tempo.
Fino a quando? Verrà un momento, forse a metà 2008, in cui le banche saranno tornate alla normalità. In quel momento i tassi in dollari saranno più bassi di oggi, gli spread di credito saranno molto ridotti e le borse saranno più in alto. Il mercato immobiliare, dal canto suo, subirà ancora venti contrari, ma in forma attenuata. Quanto all’inflazione, la fase di leggero rallentamento iniziata in settembre sarà probabilmente finita. Qualcuno in qualche banca centrale si convincerà a quel punto di potere dichiarare terminata la fase di emergenza. Tornerà il desiderio di non ripetere l’errore del 1987 e del 1998, il non avere riportato in tempo i tassi verso la neutralità.
Un’eventuale stretta monetaria dipenderà allora dall’andamento dei prezzi delle case. Se la discesa sarà ancora in corso si eviterà forse di alzare i tassi, ma si farà come minimo qualche intervento calmieratore sui risky asset (ci si lamenterà dell’assenza di premio per il rischio, del carry trading eccessivo o si inventerà qualcosa di nuovo). Se i prezzi delle case si saranno invece stabilizzati ci sarà spazio per riprendere indietro una parte dei ribassi dei tassi.
A chi vuole aumentare la sua esposizione al rischio raccomandiamo di evitare i crediti (sui quali lo spazio per ulteriori apprezzamenti tende rapidamente a zero, per cui per guadagnare occorre una leva sempre più lunga) e di passare direttamente all’azionario. Certo, in questo rialzo delle borse c’è una componente di espansione dei multipli, solo fino a un certo punto giustificata dal ribasso dei tassi. I processi di espansione dei multipli sono quelle cose per cui i rialzi di oggi preparano i ribassi di domani. Ma domani è un altro giorno.
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