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ORO: SULLO SFONDO QUOTA 2000

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(WSI) – «Quest’anno l’oro arriverà a 625 dollari per oncia e, entro il 2009, toccherà quota 900 con possibili punte speculative a 2mila dollari». Un anno fa una previsione del genere sarebbe stata bollata come folle. Ancora oggi appare provocatoria. Ma dietro questa analisi ci sono parecchie buone ragioni. A elaborarle Paul Mylchreest, analista dell’autorevole banca d’affari francese Cheuvreux.

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«Anzitutto – spiega l’esperto – le principali banche centrali mondiali possiedono 10-15mila tonnellate di oro in meno rispetto alle 31mila ufficialmente dichiarate. I lingotti mancanti sono stati prestati a molti singoli istituti di credito che a loro volta li hanno venduti all’industria gioielliera». In secondo luogo, il deficit di offerta diventa sempre più ampio. «Senza tenere conto delle vendite non ufficiali effettuate dalle banche centrali – continua l’esperto – attualmente la domanda eccede la produzione di 1.300 tonnellate. L’output delle compagnie minerarie è stato nel 2005 pari a sole 2.500 tonnellate. E i governi di Russia e Cina hanno dichiarato, più o meno velatamente, l’intenzione di comprare oro per diversificare le proprie riserve».

Ma non è tutto. Negli ultimi mesi il peso sulla domanda globale di oro degli investitori istituzionali, quali Etf e fondi comuni, è cresciuto a dismisura: secondo le ultime stime pubblicate nel 2005 dal World Gold Council, il maggiore incremento delle richieste (più 53%) è arrivato da investitori istituzionali, quali fondi comuni piuttosto che Etf. «Una situazione – prosegue l’analista – che andrà ad amplificare il rally dei prezzi, visto la carenza di oro fisico e la capacità, propria di questa tipologia di operatori, di determinare direzioni ed eventuali accelerazioni dei prezzi sul mercato».

A questo si aggiunge poi il fatto che, sempre secondo le stesse stime, il dato relativo ai consumi del comparto gioielliero (2.736 tonnellate nel 2005, pari al 73% della domanda totale) è stato positivo, con un incremento del 5% rispetto a quanto registrato l’anno precedente. Infine, un altro fattore che a parere di Cheuvreux favorirà la corsa del prezzo del metallo sarà lo scenario macroeconomico degli Stati Uniti. «Al momento l’economia americana – afferma Mylchreest – corre sul filo del rasoio tra inflazione e deflazione. In ottica di breve termine riteniamo che sarà l’inflazione ad avere la meglio. Mentre a cinque anni il quadro potrebbe mutare verso la deflazione. In entrambe le situazioni l’oro è (storicamente, ndr) l’unico asset in grado di proteggere i portafogli degli investitori».

Infatti, anche nell’ipotesi in cui la locomotiva Usa s’impantanasse in una riduzione della crescita del prodotto interno lordo, la domanda delle banche centrali e i bassi rendimenti dei tassi reali riusciranno a sostenere il rally delle quotazioni del metallo prezioso». Che le banche centrali avranno in futuro sempre più fame di oro lo sostiene poi anche Morgan Stanley: «il cumulo delle riserve valutarie negli istituti governativi in Asia – sostiene Stephen Jen, analista della banca d’affari americana – è ormai al limite della sostenibilità. In Cina, per esempio, fra non molto si arriverà a mille miliardi di dollari.

Diversificare diventa un imperativo. E l’oro è la scelta più sensata». Da inizio 2001 le quotazioni dell’oro al Fixing di Londra sono raddoppiate passando da 275 a 545 dollari per oncia. Attenzione però al peso della valuta: calcolata in euro la performance si riduce del 50 per cento.

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