di Carlo Benetti, (GAM Italia sgr)

Mercati, 3 strategie per affrontare la paura

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I mercati hanno messo a segno una delle peggiori settimane da quando la pandemia non è più la principale preoccupazione. Sui listini hanno pesato due ordini di paure: la paura della recessione più che dell’inflazione e la sfiducia nelle possibilità di un soft landing dell’economia, ovvero che i banchieri centrali commettano “eccessi di reazione”, che siano loro ad alimentare i rischi recessivi.

Il punto sui mercati

La crescita rallenta ma anche l’inflazione è probabilmente prossima al picco: i banchieri centrali dovranno essere sorvegliati sulle parole che pronunceranno per non perdere credibilità, dovranno calibrare con accuratezza le loro azioni per raggiungere il doppio obiettivo di curvare l’aumento dei prezzi e non nuocere all’attività economica.

Lo scenario inflazionistico è comunque destinato a non esaurirsi a breve: è condivisa l’idea che l’anno prossimo l’inflazione diminuirà ma resterà sopra l’obiettivo del 2%, la volatilità è destinata a continuare, i banchieri centrali sono in ritardo e nei prossimi mesi l’attenzione degli operatori resterà concentrata sulle loro parole e azioni.

Ricordiamo che la politica monetaria ha bisogno di tempo per dispiegare i suoi effetti nell’organismo economico, i rialzi del 2022 avranno la massima efficacia nel 2023, un intervallo di tempo che allunga all’anno prossimo i venti contrari che già soffiano di prua contro l’attività economica. I rendimenti a lungo termine si sono spostati verso l’alto e, per l’effetto sconto sulle valutazioni dei titoli, condizionano le performance negative dei listini.

I destini della crescita sono nelle mani dei consumatori americani o, meglio, nelle loro carte di credito: il risparmio forzoso dei lockdown rende disponibili alla spesa circa 2.300 miliardi di dollari di liquidità e, fino a quando ci sarà sicurezza sui redditi da lavoro, è possibile che la spesa per consumi regga nonostante il crollo degli indici della fiducia. La buona salute del mercato del lavoro americano è attestata dall’alto tasso di abbandono: le Grandi Dimissioni sono alimentate dalla sicurezza di trovare altri posti di lavoro remunerati altrettanto bene o meglio; per ogni disoccupato ci sono quasi due posti di lavoro vacanti.

Nell’Eurozona, le previsioni dell’Eurosistema danno l’inflazione in discesa attorno al 3,5% nel 2023 e nell’intorno del 2% nel 2024.

Tra strategie di portafoglio

Si tratta di previsioni che, per definizione, sono scritte sulla sabbia: in attesa che “passi la nottata”, ed evitando di fare scommesse sugli esiti possibili o atti di fede nelle promesse dei banchieri centrali sul soft landing, le strategie del portafoglio possono incardinarsi su tre principi:

  1. la cautela nell’esposizione direzionale nelle azioni e nella duration del portafoglio non significa rassegnazione. In Gam restiamo neutrali o leggermente positivi nei confronti delle azioni ma, naturalmente, con elevata selettività. La preferenza relativa va agli Stati Uniti, in Europa sono più alti i rischi di recessione per la vulnerabilità al prezzo delle materie prime e al rallentamento dell’economia cinese. La cautela riguarda anche l’esposizione ai mercati emergenti, indeboliti dalla forza del dollaro e dal rallentamento della crescita globale, ma nei nostri portafogli i mercati emergenti restano una scelta strutturale del lungo periodo;
  2. diversificare il portafoglio con strategie compatibili con l’ambiente di aumento dei tassi. Le cartolarizzazioni MBS ad esempio: circa il 98% dei mutuatari di MBS cartolarizzati negli Stati Uniti ha mutui a tasso fisso, l’aumento dei tassi non inciderà molto sulla loro capacità di rimborso. I Cat bond (catastrophe bond) e gli Ils (insurance-linked securities) sono strumenti a tasso variabile che si adattano all’ambiente di tassi in aumento. I mercati emergenti patiscono il doppio colpo dell’aumento dei tassi e la forza del dollaro ma si tratta di una classe di attivo con ampia dispersione, alcuni paesi soffrono i maggiori prezzi del petrolio e del gas, ne beneficiano però gli esportatori;
  3. lasciare fare al gestore attivo: gli strascichi del Covid, i tassi in aumento e il rallentamento della crescita esigono alta selettività nella valutazione e peso delle fonti di rischio, una costante manutenzione della coerenza tra strumenti e obiettivi di investimento nel lungo termine. Le materie prime sono diventate le star dei portafogli ma la gestione attiva compensa i rischi di direzionalità, favorita dai movimenti di prezzo in trend, rischiosa nelle fasi laterali. Anche nei momenti di bassa crescita, ci sono settori e società che continuano a crescere, ad esempio nel settore della tecnologia del lusso, dell’healthcare.

L’acronimo Tina (There Is No Alternative) va sbiadendo: non è più vero che non ci sono alternative, il sentiment sui mercati è radicalmente cambiato e gestori, consulenti, investitori sono alla loro prova di maturità, non è il momento di affollarsi alle uscite di sicurezza del cinema ma di apportare aggiustamenti ai portafogli per adattarli al nuovo ambiente. Nell’attività di investimento, forse unica eccezione, le omissioni non sono un peccato: “less is more”, meno scelte si fanno tanto più si attenuano le possibilità di commettere errori.