Il calo dei mercati finanziari non accenna ad arrestarsi: i principali indici azionari hanno archiviato la sesta settimana consecutiva di ribassi.
Nel frattempo l’economia reale stenta a dare segnali di ripresa convincenti e il quadro geopolitico solleva sempre piu’ dubbi sugli scenari che potranno seguire a un’eventuale guerra contro l’Iraq. Puntualmente, ad appesantire il clima, sono poi intervenute le previsioni sconfortanti sugli utili da parte di diverse società’.
Nel trimestre conclusosi lunedi’ (il peggiore terzo trimestre dal 1987), Dow Jones e S&P500 sono arretrati del 18% mentre il Nasdaq ha ceduto il 20%.
Nel solo mese di settembre (notoriamente il peggiore per la borsa) Dow e Nasdaq hanno perso piu’ del 10%, registrando un calo per il sesto mese consecutivo. A questo punto diviene sempre piu’ probabile che il 2002 si rivelera’ il terzo anno di ribassi per i listini americani.
Chiude invece in lieve rialzo il mercato dei titoli di Stato, dopo che ad inizio settimana il rendimento sui Treasury, che segue un movimento inverso rispetto ai prezzi, era sceso a nuovi livelli record. La debolezza di Wall Street, inoltre, non ha impedito al dollaro di rafforzarsi nei confronti delle principali valute.
Con un calo di quasi il 5% (-59 punti), il Nasdaq questa settimana ha incassato la perdita percentuale piu’ pesante, portandosi a quota 1.139,88. Dall’inizio dell’anno l’indice high-tech ha ceduto 810 punti (-41%), e rispetto allo stesso periodo del 2001 il calo registrato e’ di 465 punti (-29%). L’indice questa settimana ha registrato i livelli di chiusura piu’ bassi dal 1996.
Il Dow Jones in una settimana ha perso 173 punti (-2%), attestandosi a quota 7.528,4. Da inizio anno l’indice segna una perdita di 2.493 punti (-24%). Su base annua l’indice delle blue chip americane e’ in calo di 1.591 punti (-17%). Anche per il Dow occorre andare molto indietro nel tempo per ravvisare livelli cosi’ bassi: era infatti dal novembre 1997 che l’indice non toccava le attuali cifre.
L’S&P500 si e’ attestato a quota 800,58, con una perdita di 26 punti (-3%). Dall’inizio dell’anno il calo dell’indice ammonta a 347 punti (-30%). La differenza rispetto al 2001 e’ di 270 punti (-25%).
Performance settimanale dei listini americani |
||||
Indici | Valori al 27/9/2002 | Variazioni ultima settimana |
Variazioni da inizio anno | Variazioni ultimi 12 mesi |
DJIA | 7.528,40 | -173,05 (-2,25%) |
-2.493,10 (-24,88%) | -1.591,37 (-17,45%) |
S&P500 | 800,58 | -26,79 (-3,24%) |
-347,50 (-30,27%) | -270,80 (-25,28%) |
Nasdaq | 1.139,88 | -59,28 (-4,94%) | -810,52 (-41,56%) | -465,42 (-28,99%) |
Fonte dati: Ufficio Studi WallStreetItalia |
I MERCATI AZIONARI
I semiconduttori hanno registrato una nuova performance negativa, con l’indice SOX in calo dell’8% rispetto a venerdi’ scorso. Il profit warning di Advanced Micro Devices (AMD – Nyse) e i giudizi negativi espressi da diverse banche d’affari sono state le principali cause della flessione del comparto. Intel (INTC – Nasdaq) e’ tra i titoli che hanno riportato le perdite maggiori.
Nel settore hardware spicca il crollo di EMC (EMC – Nyse), che in un solo giorno ha ceduto il 56% del valore: oltre al profit warning sul secondo semestre, la societa’ di immagazzinamento dati ha annunciato il licenziamento di circa il 7% dei propri dipendenti. Buona invece la prova di DELL ( DELL – Nyse), che ha rivisto al rialzo le aspettative su utili e fatturato del terzo trimestre. L’indice
GHA ha comunque chiuso in netto ribasso (-9%).
Tra i titoli software e’ molto pronunciato, nonche’ curioso, il calo di Veritas (VRTS – Nasdaq): il direttore finanziario Kenneth Lonchar si e’ dimesso quando la societa’ ha scoperto che non aveva un Master in Business Administration. Microsoft ( MSFT – Nasdaq) ha chiuso in rosso mentre Oracle ( ORCL – Nasdaq) in sostanziale pareggio. L’indice GSO e’ arretrato del 6%.
Continuano le difficolta’ di Cisco Systems (CSCO – Nasdaq), le cui azioni vengono scambiate per la prima volta dal 1998 al di sotto dei $10,00. Tra i titoli tecnologici, infine, Ericsson ( ERICY – Nasdaq) ha rivisto al ribasso le aspettative sul fatturato.
In forte ribasso i titoli bancari ( BIX, -9%). Il profit warning di Bank of New York ( BK – Nyse), dovuto principalmente ai crediti inesigibili verso le aziende telecom, ha scatenato un’ondata di vendite sul comparto.
Il comparto retail > (DJ_RTS, -5%), e’ stato colpito dalle notizie sconfortanti sulle vendite settimanali di Wal-Mart (WMT – Nyse) e dagli utili deludenti di Walgreen (WAG – Nyse).
Tra le poche notizie positive, la netta revisione al rialzo delle stime sugli utili da parte di DuPont (DD – Nyse).
Notizie contrastanti, infine, dal comparto farmaceutico (DRG, +0,4%): al profit warning di Schering-Plough (SGP – Nyse) ha replicato Forest Lab, i cui utili saranno maggiori di “almeno” il 30% rispetto alle previsioni.
I DATI MACROECONOMICI DELLA SETTIMANA
- Reddito personale e Spese al consumo. I dati relativi ad agosto sono aumentati rispettivamente dello 0,4% e 0,3%. Almeno per il momento si sono fugati i timori di un imminente calo dei consumi, componente che conta per i due terzi del Pil degli Usa.
- Chicago PMI. E’ il dato che ha determinato la debacle dei mercati avvenuta lunedi’. A settembre l’indice dei manager responsabili degli ordini di acquisto si e’ attestato a 48,1 punti: e’ la prima volta da gennaio scorso che l’indicatore scende al di sotto di quota 50, soglia che divide una situazione di espansione da una di contrazione.
- ISM manifatturiero. Il dato ha confermato che l’attivita’ manifatturiera e’ la nota dolente dell’economia Usa. L’ISM si e’ attestato a quota 49,5. Si tratta della prima volta, dopo sette mesi consecutivi, che l’indicatore si porta sotto quota 50.
- Sussidi di disoccupazione. Le nuove richieste di sussidi sono aumentate di 5.000 unita’, a quota 417.000. L’indicatore si tiene al di sopra delle 400.000 unita’, livello che gli economisti considerano indicativo di un mercato del lavoro in recessione, per la sesta settimana consecutiva.
- Ordini alle fabbriche. Il dato e’ risultato invariato ad agosto, rispetto al mese precedente, a quota $326,63 miliardi. Gli analisti si aspettavano invece un ribasso dello 0,3%.
- ISM servizi. L’attivita’ del settore non manifatturiero continua a mostrare una certa solidita’. Nel mese di settembre l’indice si e’ portato a quota 53,9, in aumento di 3 punti rispetto al livello di agosto. Si tratta dell’ottavo mese consecutivo che il dato e’ in aumento.
- Occupazione. Il tasso di disoccupazione Usa a settembre si e’ portato al 5,6% dal 5,7% del mese precedente. Il numero di occupati nel settore non agricolo e’ pero’ diminuito di 43.000 unita’. Si tratta della prima flessione in cinque mesi. Sebbene complessivamente il rapporto non sia negativo, il mercato del lavoro ancora non mostra una sufficiente solidita’.
LE OBBLIGAZIONI
L’andamento del mercato dei Treasury e’ stato piuttosto contrasto. Dopo un inizio spumeggiante, i bond hanno perso terreno soprattutto a causa delle prese di profitto degli operatori, riuscendo comunque a chiudere la settimana in leggero rialzo.
Il rendimento sui bond a 5 anni e’ cosi’ passato al 2,69% nel tardo pomeriggio di venerdi’, contro il 2,71% della scorsa settimana. Il rendimento sul Treasury a 10 anni, benchmark della categoria, si e’ attestato al 3,67%, in calo rispetto al 3,69% di venerdi’ scorso.
Il dato risolutivo per il mercato dei titoli di Stato e’ giunto nella mattinata di venerdi’, quando il rapporto mensile sull’occupazione ha ridotto la possibilita’, almeno nel breve termine, che la Federal Reserve proceda a ritoccare i tassi ed ha allentato la pressione rialzista sui Treasury.
Il guadagno del reddito fisso, inoltre, e’ stato lieve anche perche’ e’ difficile per gli investitori continuare ad acquistare titoli di Stato quando i rendimenti sono ai minimi da decenni: lunedi’ lo yield sui Treasury a 10 anni era sceso al di sotto del 3,60%, il livello piu’ basso dal 1958.
- Tasso sui Treasury a 5 anni (FVX – CBOE)
- Tasso sui Treasury a 10 anni (TNX – CBOE)
Sul fronte societario da segnalare che, nonostante i bassi tassi di interesse, le emissioni obbligazionarie “corporate-grade”, cioe’ di societa’ finanziariamente solide, nel terzo trimestre sono calate del 24% rispetto allo stesso periodo del 2001. Le emissioni sono passate, in base ai dati forniti dalla societa’ di ricerca Thomson Financial, da $508 miliardi a $461 miliardi.
IL MERCATO VALUTARIO
Anche il mercato valutario ha seguito un andamento erratico, nell’assenza di elementi chiarificatori in grado di determinarne meglio la direzione. Nonostante la debolezza di Wall Street, il dollaro e’ riuscito comunque a rafforzarsi sia nei confronti dell’euro che dello yen.
Nel tardo pomeriggio di venerdi’, sulla piazza di New York il biglietto verde veniva scambiato a $0,9794 per 1 euro, contro i $0,9808 della scorsa settimana.
“Non c’e’ una decisa convinzione tra i manager dei fondi di investimento sulla direzione del cambio euro-dollaro” ha affermato Paul Meggyesi, currency strategist di JP morgan. “Cio’ ha condotto ad un processo di determinazione dei prezzi particolarmente tedioso”.
Molti analisti tuttavia sono persuasi che la debolezza dell’economia e dei mercati finanziari Usa condurra’ ad ulteriori deprezzamenti della valuta americana. “Il dollaro continuera’ a rimanere sotto pressione finche’ non ci saranno miglioramenti nel mercato azionario e nella fiducia dei consumatori” ha affermato Monica Fan, chief currency strategist di Banc of America. “Con un price-to-earnings ratio ancora al di sopra della media storica, inoltre, la fine del ribasso [del dollaro] non sembra ancora prossima”.
La moneta amercicane si e’ rafforzata anche nei confronti dello yen. Gli operatori sono ancora incerti sul modo in cui la nomina di Heizo Takenaka a Ministro dei Servizi Finanziari avra’ sulla divisa giapponese. Il neo-ministro e’ ritenuto molto piu’ propenso del suo predecessore ad intraprebdere le riforme del sistema bancario di cui il Giappone necessita. Il cambio dollaro/yen e’ passato da y122,75 della scorsa settimana a y123,22 di venerdi’ a New York.
CONCLUSIONI
Come accade da diversi mesi, i dati macroeconomici sono ancora contrastanti e non contribuiscono a fare luce sullo stato dell’economia americana: il dibattito se sia in atto una fase di double-dip recession non sembra prossimo a concludersi.
Accanto ad esso, inoltre, emerge tra molti osservatori il timore che l’America stia correndo un rischio deflazione. La debolezza del mercato del lavoro, la crescita del livello dei debiti delle famiglie e le perdite dei mercati finanziari potrebbero infatti creare un calo generalizzato dei consumi e, quindi, degli investimenti e dei prezzi.
Il problema assumerebbe immediatamente proporzioni mondiali, coinvolgendo in primis Europa e Giappone, due economie che gia’ si trovano in una situazione di bassa crescita, se non di recessione.
Le chiavi di lettura della situazione economica devono percio’ emanciparsi dai rigidi schemi in cui solo inflazione e deficit pubblico sono i nemici da combattere. Nuove realta’ emergono e non possono essere affrontate con strumenti e concezioni obsoleti.
Sono sempre di piu’ gli economisti, dei piu’ disparati orientamenti, che invitano i responsabili delle politiche economiche ad intervenire in maniera solerte e decisa.
La Federal Reserve e, soprattutto, la Banca Centrale Europea hanno a disposizione ulteriori margini di intervento sulla politica monetaria. Anche i vincoli di politica fiscale, in Europa particolarmente rigidi, hanno assolutamente poco senso in un contesto in cui i problemi principali potrebbero essere recessione e deflazione.