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Ombre sull’Expo: Maroni indagato

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MILANO (WSI) – Le nuove indagini sul governatore della Regione Lombardia gettano nuove ombre sull’Expo 2015 di Milano, e offrono l’ennesima dimostrazione della collusione tra affari e politica in Italia.

Roberto Maroni della Lega Nord è indagato con l’accusa di aver favorito due sue collaboratrici facendo pressioni su Eupolis, l’ente regionale di ricerca e statistica, e Expo Spa.

Il reato è di “turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente” e “induzione indebita”. Per quest’ultimo reato Maroni rischia anche di doversi dimettere, dal momento che la legge Severino prevede in tali casi la sospensione o decadenza dalle cariche pubbliche.

L’inchiesta sui presunti favoritismi a Maria Grazia Paturzo e Mara Carluccio risale a luglio 2014 ed è partita da una costola dell’indagine su Finmccanica svolta a Busto Arsizio.

Intanto restando in tema di politici presunti corrotti, nel descrivere i rapporti e “cointeressenze di natura economico/criminali tra “Mafia Capitale” e la cosca calabrese”, il giudice Flavia Costantini denuncia come Gianni Alemanno chiese aiuto al criminale Salvatore Buzzi per le elezioni europee.

Siamo nel 2014 e per il voto al parlamento europeo di maggio, l’ex sindaco di Roma, candidato nella lista “Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale”, chiede l’appoggio a Buzzi, arrestato a fine dell’anno scorso nell’ambito dell’inchiesta su “Mafia Capitale”. Quest’ultimo si sarebbe mosso per ottenere il sostegno alla candidatura anche con gli uomini della cosca ‘ndranghetista dei Mancuso di Limbadi.

“Un ulteriore tassello idoneo a corroborare il rapporto di reciproco riconoscimento tra le due organizzazioni – scrive il giudice – è costituito dai riscontri intercettivi effettuati in occasione delle elezioni del Parlamento Europeo 2014, che hanno visto il politico Giovanni Alemanno, candidato nella lista “Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale”, nella circoscrizione Sud”.

Le indagini hanno consentito di rilevare come “a fronte di una richiesta di sostegno da parte di Alemanno, sin dalla fine del mese di marzo 2014 Buzzi avesse espressamente richiesto, per il tramite di Giovanni Campennì, appoggio all’organizzazione criminale calabrese (di cui quest’ultimo è ritenuto espressione), per procurare i necessari consensi in occasione della campagna elettorale dell’ex sindaco di Roma”.

Nell’inchiesta sulla Cupola criminale di stampo mafioso-politico-imprenditoriale, operativa nella capitale dal 2000, emerge anche il ruolo giocato dalla ‘ndrangheta.

Buzzi, in una conversazione con Massimo Carminati intercettata il 21 marzo del 2014, riferiva l’esito di un incontro avuto poco prima con Alemanno presso gli uffici della “Commissione Commercio” a Roma. “Buzzi – scrive ancora il gip – riferiva del sostegno richiesto in quell’occasione dall’ex primo cittadino (“no, no era pe’ la campagna elettorale à una sottoscrizione e poi se candida al sud”) e rappresentava al sodale come avesse individuato Campennì, indicato con il solo nome di battesimo, quale strumento idoneo per assecondare tale richiesta (“.. da Giovanni à gli famo fa ..”).

Il giorno seguente – si legge ancora nell’ordinanza – Buzzi contattava “Giovanni Campennì, al fine di interessarlo per “da ‘na mano a Alemanno .. in campagna elettorale …”. Il tentativo “di Buzzi di mascherare, in maniera evidentemente strumentale con l’interlocutore (“sto numero è intercettato … però so telefonate legali ..”), l’illecita richiesta pervenutagli, facendola passare come innocua e legittima istanza volta ad ampliare il consenso elettorale (“à basta che non sia voto di scambio …. tutto è legale … uno po’ vota’ gli amici???!!!”), nell’ambito di una circoscrizione elettorale particolarmente ampia (“mica può venire li!!! Scusa … no perché la circoscrizione è grandissima …. è Abruzzo …. Campania …. la Calabria …. Puglia …. Basilicata ….. come cazzo fa? … èèè ….”)”.

Il fatto “veniva perfettamente compreso da Campennì, il quale, avendo evidentemente ben inteso il vero senso della richiesta (“ah ste chiamate so legali??? …”), aderiva prontamente alla richiesta, non potendo evitare, tuttavia, di sottolineare la propria capacità di poter attingere a un ampio bacino di consensi pilotabili, facendo ricorso a una metafora particolarmente espressiva (“va bene …. allora …. qua la famiglia è grande e un voto gli si da)”.

Secondo gli inquirenti Buzzi avrebbe usato la cooperativa 29 giugno per distrarre ingenti quantità di denaro a beneficio suo e dei suoi sodali.

(DaC)