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Tagliatore, ode alla giacca

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Tradizione artigianale e dettagli ricercati con un twist: è il blazer secondo Tagliatore

A cura di Francesca Gastaldi

Una passione nata nel 1940 e tramandata di generazione in generazione fino al lancio, vent’anni fa, di un marchio oggi celebre: Tagliatore. A decretarne il successo, la scelta di una sartorialità made in Italy e uno stile, diventato ormai riconoscibile, fatto di tessuti ricercati, disegni unici e una cura minuziosa per il dettaglio giusto. Il pezzo forte? La giacca da uomo, punto di partenza per look contemporanei e grintosi. Lo racconta a Wall Street Italia Pino Lerario, direttore creativo del brand e nipote del fondatore Vito Lerario.
La storia di Tagliatore inizia a Martina Franca, una terra ricca di tradizione anche dal punto di vista manifatturiero.

Quale aspetto del vostro stile si può ricondurre alla tradizione locale?
«Sicuramente i colori della manifattura pugliese, ma anche le linee e la sartorialità di tutti i capi che realizziamo, sia per l’uomo che per la donna».

Il vostro capo distintivo è da sempre la giacca maschile: come dev’essere questa stagione?
«Cerchiamo di puntare su forme tradizionali, leggermente sfiancate rispetto al modello classico. Questo è indubbiamente il nostro punto di forza».


Nelle foto, i capi della collezione Tagliatore uomo primavera-estate 2019

L’Avvocato Agnelli indossava giacche gessate con ampi revers, nel tempo questi si sono assottigliati, poi sono ritornati quelli più larghi, stile anni ’70. Oggi come si portano?
«Vanno molto le giacche con un revers medio, dunque non troppo stretto, secondo il modello di Dior, né troppo largo come invece indossava Gianni Agnelli. Tuttavia, nella nostra capsule collection Pino Lerario abbiamo inserito anche giacche dai revers più ampi: sono modelli che facciamo già da quattro, cinque anni rivolti a un mercato ristretto e ricercato, pensati per clienti più esigenti».

Nelle vostre collezioni, grande attenzione è data ai dettagli. Qual è il dettaglio a cui un uomo non dovrebbe mai rinunciare per essere davvero elegante?
«Bisogna saper puntare sui particolari, come può essere la pochette nel taschino, capace di creare un punto luce anche su un abito scuro. La pochette giusta può davvero fare la differenza in un look maschile».

Un altro tratto distintivo del brand Tagliatore sono i tessuti ricercati. Quali sono gli immancabili di stagione?
«I blazer in lana e cotone blu continuano ad andare per la maggiore, ma non mancano i gessati, rivisitati in una chiave più originale rispetto ai classici, e i Principe di Galles. L’attenta ricerca fa da sempre parte del nostro Dna: disegno personalmente la maggior parte dei tessuti delle nostre collezioni, amo cercare nuovi colori e nuove combinazioni di tonalità».

La collezione primavera-estate 2019, ispirata al rock anni ’50, vuole essere un perfetto equilibrio tra heritage e innovazione. Su quali elementi avete puntato?
«Ci siamo focalizzati sui tessuti di quegli anni: parliamo dei cotoni, dei regimental, dei Principe di Galles, in versione anche più colorata, con righe molto forti. Non solo, nella collezione sono presenti anche delle tele jeans».

Avete lanciato una nuova collezione in pelle: dieci giacche da aviatore e tre borse pensate anche per il businessman nel tempo libero?
«Assolutamente sì. Per quanto riguarda le borse non si tratta delle classiche 24 ore. Sono accessori pensati per l’uomo che lavora, ma allo stesso tempo perfetti per sdrammatizzare un look troppo formale».

Il vostro è uno stile molto contemporaneo. C’è qualche dettaglio o accessorio che ritiene ormai superato nella moda maschile? Qual è il suo consiglio all’uomo d’affari troppo “classico”?
«Credo siano superate le cinture: ormai vanno di moda i pantaloni a vita alta che non necessitano di questo accessorio. A un businessman troppo classico consiglierei di scegliere giacche dal taglio più contemporaneo e di evitare le tonalità del grigio scuro che incupisce il look».

Dove vendete e a quali mercati puntate per il futuro?
«Vendiamo principalmente in Italia: il 50 % della produzione resta nel nostro Paese; il restante 50% si divide tra Giappone, che rappresenta uno dei mercati esteri più importanti, Germania, Francia, Scandinavia e Olanda. Stiamo puntando al mercato russo – una sfida non facile ma nemmeno impossibile – e a quello americano».

Quanti capi producete al giorno nella vostra filiera tutta italiana?
«Produciamo all’incirca dai 380 ai 400 pezzi al giorno».

Un personaggio famoso – di ieri o di oggi – che incarna perfettamente il vostro stile?
«Per il modo in cui intendiamo la moda e per le nostre collezioni, penso a Steve McQueen».

Cravatta sì o cravatta no?
«Personalmente non amo molto la cravatta, prediligo un look più libero».

Un’ultima domanda, legata a un argomento di cui oggi si parla molto: David Solomon, ceo di Goldman Sachs, ha rivoluzionato il dress code da ufficio concedendo ai suoi dipendenti un look più informale, addirittura jeans e maglietta. Cosa ne pensa?
«Ritengo sia una scelta un po’ azzardata: è vero che i tempi stanno cambiando, ma il rispetto per il ruolo che si riveste, anche in termini di eleganza, non può assolutamente mancare. L’ideale per l’uomo che lavora è indossare una bella camicia abbinata, naturalmente, a una giacca dal disegno unico e distintivo».

L’articolo è stato pubblicato sul numero di aprile del magazine Wall Street Italia.