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OCCUPAZIONE USA: ATTENZIONE A NON FARSI ABBAGLIARE

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Il dato sul mercato del lavoro ha superato le attese degli analisti, che erano posizionate a quota 170.000 in termini di nuovi posti di lavoro (i c.d non farm pay rolls). In verità occorre precisare che il consensus delle principali case di investimento era posizionato su livelli anche leggermente superiori alle 200.000 unità.

Il dato ha evidenziato anche una sensibile revisione al rialzo del valore di marzo (da 308.000 a 337.000). Inoltre, sempre in base alle revisione del mese precedente, è emerso come il settore manifatturiero ha iniziato a produrre nuovi posti di lavoro già a partire da marzo. Infine è aumentata la media delle ore lavorative (+0,5%).

Il trimestre in corso pertanto non sta deludendo le attese, in base a quanto emerge dai principali dati macro. Sarebbe stata piuttosto preoccupante l’ipotesi contraria, visto che proprio nel trimestre in corso la politica fiscale di Bush raggiungerà il suo apice in termini di forza espansiva.

Ciò nonostante emergono però delle indicazioni che potrebbero rivelarsi utili in ottica del terzo trimestre e, più in generale, del secondo semestre. A cosa ci riferiamo? Innanzitutto osserviamo come il contributo della componente servizi sia stata piuttosto rilevante nella variazione complessiva dei non farm payrolls (246.000 su 288.000).

Nell’ambito di tale categoria gran parte del contributo è stato offerto dal comparto “Personal and business services” (123.000 / 246.000). In tale categoria sono ricomprese le agenzie di lavoro interinale (Temporary help agencies). In sostanza una notevole quota dei nuovi occupati è stata assunta a tempo determinato.

E’ pur vero che in genere tale tipologia contrattuale può essere il preludio di forme di lavoro più stabili. Il dato però, letto congiuntamente con il continuo calo dei rapporti scorte/vendite (l’ultimo dei quali pubblicato proprio con riferimento alle scorte all’ingrosso di marzo per le quali il citato rapporto si è posizionato sul nuovo minimo storico di 1,13), evidenzia un’estrema prudenza da parte dei produttori: in sostanza non aumentano le scorte in linea con il tasso di crescita della domanda e dall’altro lato aumenta il numero di occupati ma in gran parte in modo temporaneo.

Si tratta di un trend (soprattutto quello relativo alle scorte) che dura da diversi mesi. Il dubbio pertanto è che di fondo nasconda una sfiducia sulla sostenibilità della domanda nel prossimo semestre, quando cioè il supporto fiscale sarà molto meno forte. Non a caso Snow si sta premurando di richiedere a viva voce al Congresso di rendere permanenti i tagli alle tasse decisi nel mese di luglio.

Veniamo alla reazione del mercato: sono stati fortemente penalizzati soprattutto i bond Usa. Il timore in sostanza è che il rialzo dei tassi (tuttora stimato a partire dal mese di agosto) possa farsi più vicino. Il tasso decennale Usa è così arrivato al 4,75%.

Un ulteriore rischio per i bond è legato al test della domanda da parte degli investitori asiatici nel corso delle aste sui Treasuries della prossima settimana.

* Antonio Cesarano e’ il Responsabile Desk Market Research di MPS Finance.