Società

OBBLIGAZIONI: CONVIENE
L’ AUTO IN PANNE?

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(WSI) – I motori non rombano, i prezzi crollano. E i rendimenti s’impennano. Sono stati proprio i guai delle case automoblistiche americane ed europee, finite sotto i riflettori in questi giorni, a riaprire definitivamente i giochi nel mondo dei corporate bond. In meno di due mesi le distanze di rendimento (spread) tra i super affidabili governativi e i titoli societari a tripla B (quelli con affidabilità appena sufficiente) sono tornate ai livelli di ottobre 2003.

I prezzi sono quasi sempre sotto la pari e i rendimenti lordi, a scadenza, su vette del 9-10%, anche per tragitti non molto lunghi. GM 2009 paga il 9%, Fiat 2010 il 9,51%.

La veloce marcia di riavvicinamento – oggi vanificata da nuove paure – era stata spinta da un clima ben noto, dove il forte calo dei rendimenti aveva convinto un numero crescente di investitori a ricercare strumenti che assicurassero una maggiore redditività. Anche a costo di rischiare di più.

E oggi quei rischi si affacciano alla finestra. Il continuo movimento dei prezzi verso l’alto è ormai un ricordo: gli scambi di obbligazioni societarie avvengono a quotazioni cedenti. E la marcia indietro è stata innestata, appunto, dai prestiti delle case automobilistiche.
Il loro ingente indebitamento complessivo, le scarse prospettive di miglioramento dell’attività, le indicazioni di bilanci tutt’altro che brillanti hanno indotto, da un lato, le agenzie di rating a declassare il merito di credito di importanti emittenti, e dall’altro gli investitori a cedere sul mercato i titoli in portafoglio, evitando nel frattempo di acquistarne di nuovi, pur in presenza di rendimenti assai elevati.

La liquidità orfana è finita, ancora una volta, su investimenti a tripla o doppia A. Insomma in questa fredda primavera (per la stagione e per i mercati) si rivede il fly to quality , lo spostamento brusco verso strumenti che offrano sicurezza, anche se pagano rendimenti molto bassi. Nei giorni scorsi, non a caso, alcune emissioni corporate sulla rampa di lancio sono state bloccate. In attesa di tempi migliori.
Che fare, ora? Davvero bisogna diffidare di tutto e comprare solo titoli governativi? E chi finanzierà le società, se i loro prestiti obbligazionari verranno snobbati ancora a lungo?
Se si è detentori di titoli automobilistici, ma anche di altre emissioni societarie, occorre valutare quale sia il peso che questi strumenti occupano all’interno del portafoglio.

Se la loro presenza non supera il 5% non bisogna preoccuparsi eccessivamente. Andando indietro con il pensiero, non è difficile ricordare che i prestiti delle società telefoniche hanno subito qualche anno fa tracolli ben superiori a quelli attuali dei costruttori d’automobili. Ma a queste disfatte fecero seguito riprese delle quotazioni, incoraggiate dalle ristrutturazioni che hanno interessato gran parte delle società.
E che hanno consentito alle agenzie di rating di riportare verso l’alto il grado d’affidabilità.

Se invece i titoli automobilistici e i corporate rappresentano il 10 -15% del portafoglio, è meglio valutare la propria capacità di assorbire ulteriori, possibili cali dei prezzi di mercato. Chi è convinto di veleggiare in una burrasca temporanea, come dovrebbe essere, può mantenere invariata la posizione e, in qualche caso, incrementarla marginalmente se i rendimenti dovessero raggiungere il 13-15% lordo. Se invece si è pessimisti e spaventati, forse sarebbe meglio ridurre la loro quota, o, addirittura, azzerarla. Sapendo che questo porterà a cospicue perdite in conto capitale.

La situazione più favorevole, in questa fase, è per chi comincia da zero, dovendo definire oggi una composizione del portafoglio. A questi investitori non tocca fare i conti con le perdite in conto capitale, ma valutare bond che hanno perso quota (e quindi costano poco) e che sono costretti ad offrire rendimenti di tutto rispetto. Sempre sopra il 6%, come abbiamo visto, eccezion fatta per Volkswagen che, dotata di una A-, può permettersi di stare sotto il 5%, anche per la scadenza 2013.

Chi compra oggi e non vuole rischiare molto può orientarsi al fatidico 5%. Che può diventare un 15%, se appunto, non manca il fegato. A favore di questa scelta, gli elevati rendimenti che offrono già ora questi strumenti e che, in tempi ravvicinati, potrebbero aumentare ulteriormente. Consapevoli che si dovrà ballare ancora a lunga con le difficoltà di un settore ancora nel tunnel.

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