Società

O LA VA
O LA SPACCA BERLUSCONI
CHIAMA BANCO

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(WSI) – Dunque Berlusconi aveva mentito: non è vero che non legge i giornali. Ai giornali che non gli sono pregiudizialmente avversi ha anzi attribuito il suo ripensamento sull’Irpef, e la decisione di minacciare la guerra nucleare elettorale se non l’ottiene: voto anticipato, con Forza Italia che va da sola, e fa la campagna elettorale contro gli alleati che non vogliono tagliare le tasse.

Minaccia di relativa efficacia, a dire il vero, perché comporterebbe il suicidio collettivo del centrodestra. Ma se è certo che così facendo la Casa delle libertà perderebbe le elezioni, è altrettanto vero che così non facendo la Casa delle libertà perderebbe ugualmente le elezioni.

E su questo i giornali non pregiudiziali, Bossi che gliel’ha detto e il presidente del Consiglio che l’ha ascoltato, hanno tutti ragione: se il governo non taglia l’Irpef, se non fa quello che Berlusconi ha promesso un giorno sì e l’altro pure da quanto è andato al potere, l’esito delle prossime elezioni è scontato. Così, di fronte a questa alternativa del diavolo, Berlusconi ha deciso di giocare il tutto per tutto, di giocare a due punte come il Milan: altrimenti il campionato è già finito. Non a caso avevamo definito la marcia indietro sull’Irpef come la «castrazione chimica» del berlusconismo.

Tutto questo è chiaro. Ciò che non è chiaro è come rispondere a queste due domande: il taglio dell’Irpef, certamente utile alle sorti elettorali del centrodestra, sarà utile anche al paese e alla sua economia? E sarà possibile? In astratto un taglio delle tasse è sempre utile, prima di tutto perché riduce la spesa pubblica in un paese che ne è soffocato, in secondo luogo perché rimette soldi nella disponibilità degli individui e dunque crea domanda. E che l’Italia soffra di un problema di domanda fiacca è fuor di dubbio (anche se non soffre solo di questo, ma anche di una perdita di competitività della nostra impresa sui mercati delle esportazioni).

Per produrre effetti galvanizzanti sull’economia, un taglio delle tasse deve essere però massiccio e creare fiducia: una cosa è farlo a inizio legislatura, una cosa è farlo alla fine, quando un certo scoramento si è già impadronito del paese e può spingere gli attori economici a risparmiare ciò che hanno in più da spendere, invece che a spenderlo.

La seconda domanda è se il taglio è possibile. Anche qui: in astratto è sempre possibile ridurre la spesa pubblica specialmente in Italia: volete che in una spesa che assomma a quasi la metà del Pil non si trovi un mezzo punto percentuale speso male, o inutilmente, o per mantenere in piedi corporazioni, prebende e clientele? Ma ciò che è possibile in astratto non è sempre politicamente possibile: bisogna vedere se quelle corporazioni o clientele sono abbastanza protette da evitare la scure. Il senso dello scontro con An, che vede a rischio il contratto degli statali e li difende, è tutto qui. E se Fini è stato agganciato con la Farnesina, non è detto che lo siano Alemanno e Storace.

Se dunque il taglio dell’Irpef risultasse inefficace dal punto di vista della spinta all’economia, o doloroso per categorie sociali che fanno parte del blocco sociale della Casa delle libertà, potrebbe perdere comunque la sua spinta propulsiva elettorale. Berlusconi ha deciso (se non ci saranno ulteriori ripensamenti) di scommettere. E’ l’ultima spiaggia, e la prova della difficoltà seria in cui versa il governo. Ma su quell’ultima spiaggia il premier sembra aver deciso di combattere fino alla fine.

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