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Nuova legge elettorale: manca poco? Botta e risposta si sprecano

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Roma – Nuova legge elettorale entro ottobre e legge di stabilità. E – ma non è detto, perché il Pdl resta più favorevole a una scadenza naturale della legislatura – scioglimento delle Camere anticipato. Sarebbe questa la road map alla quale stanno lavorando gli sherpa della maggioranza. Ipotesi che però incontra molti ostacoli, anche perché, se un accordo sui principi base della legge elettorale sembra ormai raggiunto, molto resta da definire e non soltanto nei dettagli.

E così, se il pd Enrico Letta è ottimista e annuncia che l’«accordo è a portata di mano», come ripeterà anche oggi al Meeting di Rimini, Fabrizio Cicchitto lo frena, criticando gli «annunci intempestivi che rischiano solo di complicare le cose».

Punto fermo di un quadro fortemente mobile è l’avvio del percorso parlamentare, con la deadline di mercoledì, al comitato interno della commissione Affari costituzionali. L’accordo-scambio raggiunto tra gli sherpa di Pd e Pdl prevede un premio di maggioranza al partito (come voleva il Pdl) e collegi (come voleva il Pd). Ma schermaglie, tatticismi, giochi di ruolo e di posizione si moltiplicano, complicando schema e variabili. Letta è ottimista: «L’accordo è a portata di mano. È l’ultima chance». In un primo momento, il sito sussidiario.net aveva riportato con maggiore enfasi il suo pensiero: «L’accordo c’è e fra poco verrà comunicato. Quando verrà annunciato scatenerà sicuramente le critiche».

Le critiche arrivano ancor prima, da Cicchitto. Che lo attacca e aggiunge: «I tempi sono molto stretti. Il filo di un confronto non si è interrotto, ma sulle varie ipotesi in campo dovrà esercitarsi la riflessione delle forze politiche e parlamentari». I punti critici non mancano. Il premio di maggioranza, intanto. Il Pd lo vorrebbe al 15 per cento, mentre il Pdl cerca di mantenersi sotto, al 10 o 12 per cento. Nel Pd, vedi tra gli altri Rosy Bindi, c’è chi insiste perché sia dato alla coalizione.

Se il premio di maggioranza dovrebbe garantire la governabilità (ma con i grandi partiti in declino e Grillo in ascesa, non è affatto detto), resta da definire l’impianto proporzionale. Si parla di 50 per cento di collegi uninominali e 50 per cento di liste bloccate. Ma c’è chi sostiene due terzi collegi e un terzo bloccate. Anche sui collegi c’è da ragionare. L’ipotesi che gira vede l’assegnazione dei seggi nei collegi uninominali effettuata con criteri proporzionali. Per chiarirsi: si valuta il peso di un partito nella circoscrizione, i seggi da assegnare e solo a quel punto si vede se nei collegi passa un candidato o meno. È il sistema del Provincellum, criticato da Salvatore Vassallo: «Una schifezza, una lotteria: in un collegio potrebbe non passare il primo per voti, ma il secondo, oppure passarne due».

Che passi il Provincellum è tutto da verificarsi. Perché Gaetano Quagliariello lo criticò molto, attribuendo l’iniziativa al Pd. Ma lo stesso Vassallo riferisce che Maurizio Migliavacca, al tavolo delle trattative per i Democratici, gli escluse quest’ipotesi. Ma le variabili non finiscono qui. C’è tutta una corrente di pensiero, nell’Udc, nel Pdl ma anche nel Pd (vedi Enrico Letta), che preferirebbe le preferenze ai collegi. E su questo si starebbero sviluppando anche diverse pressioni. Tanto da far sospettare a qualcuno che sia il trucco.

Un dirigente del Pdl lo spiega così: «C’è chi preme sulle preferenze per far saltare l’accordo. In quel caso si andrebbe al voto con il Porcellum. Ed è evidente che è l’Udc la più interessata: con la nuova legge perderebbe moltissimi voti». L’Udc smentisce, ma Lorenzo Cesa conferma i dubbi dei centristi e l’opzione delle preferenze (rivendicata ieri anche dal pdl Maurizio Gasparri che definisce «una truffa» i collegi). Con una postilla: «Sulla legge elettorale non ci sono, come molti dicono, accordi già fatti».
E intanto l’opposizione si fa sentire. Con Antonio Di Pietro che parla di «superporcata» e «superporcellum», evocando l’attuale legge elettorale, definita «una porcata» dal suo ideatore, Roberto Calderoli. Critici anche i radicali, con il segretario Mario Staderini: «Questa legge è una farsa, scudo al regime».

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