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NON SOLO BANCHE E AUTO. NESSUNO COMPRA PIU’ VINO, FRANCOBOLLI E ARTE

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Se nell’ultima edizione di Frieze, fiera di riferimento dell’arte contemporanea, i “ci penso su” hanno prevalso sui “lo prendo!”, e se anche Roman Abramovich ha aspettato fino al terzo giorno per visitare gli stand, vuol proprio dire che qualcosa si è inceppato. Nell’ultimo anno il mercato dell’arte, come del resto quello del vino e dei francobolli, è passato indenne tra il cumulo di macerie finanziarie accumulatesi sui mattoncini subprime.

Celebrando il suo trionfo poche settimane fa, proprio nello stesso giorno in cui Lehman Brothers ha abbassato la saracinesca, con l’asta record di Damien Hirst che ha raccolto oltre 115 milioni di sterline. Ma in vista dell’asta del 3 novembre, Sotheby’s ha ritirato un Picasso, che avrebbe dovuto essere uno dei pezzi forti dell’importante serata che apre la stagione autunnale. Secondo il New York Times i 30 milioni di dollari del valore del dipinto (“Arlequien”, 1909) sono sembrati infatti difficilissimi da raggiungere.

Non è solo Wall Street a bruciare in questo autunno caldo, dunque. Anche perché un sonoro campanello d’allarme era già scattato dopo i deludenti risultati delle aste londinesi di poco più di due settimane fa: a dir poco significativo l’incremento del numero di opere rimaste invendute (ben il 30% nella Evening Sale d’arte contemporanea di Sotheby’s, e il 45% da Christie’s), e il calo dei prezzi. I quadri venduti in diversi casi hanno superato di poco le riserve, che, peraltro, erano già state abbassate prima dell’inizio delle vendite, e in genere non hanno raggiunto il minimo delle stime.

“C’è di certo una correzione, ma nei primi anni ’90 non avevamo una base così ampia”, ha dichiarato Jussi Pylkkanen, presidente di Christie’s Europe. Per uscire dalle secche, Pylkkanen continua infatti ad affidarsi a emiri arabi, oligarchi russi e nuovi ricchi orientali. Con buona pace dell’attendismo del numero uno del Chelsea. “Anni fa c’erano solo i giapponesi, mentre adesso siamo in un mercato veramente globalizzato. Il collezionismo d’arte non è più il passatempo dei ricchi”.

Probabilmente non lo è più neanche il vino, che lentamente ha cominciato ad affollare non solo le cantine più prestigiose, ma anche le sale dei trader. A Londra, ad esempio, è presente un importante mercato secondario, sulle cui performance viene costruito il Liv-ex 100, cioè quello che è stato definito dal Financial Times come l’S&P 500 del mondo vinicolo. Fiero di un rialzo del 40% nello scorso anno, dall’inizio del 2008 l’indice guadagna solo il 6%, registrando un calo del 4% nell’ultimo mese.,p>
“Solo” stagnanti, invece, le quotazioni dei francobolli, raccolte dallo specialista della filatelia Stanley Gibbons nell’SG 100 stamp price index. Tutti, comunque, sono pronti a scommettere sulla ripresa delle quotazioni: stiamo assistendo alla fine della fiera delle vanità o al fisiologico contraccolpo di canali di investimento tradizionalmente ritenuti sicuri, e capaci di sottrarre capitali alle piazze borsistiche?

Probabilmente la risposta sta nel mezzo, perché, come ha dichiarato Pilar Ordovas, responsabile della sezione arte contemporanea di Christie’s ,”nonostante il congelamento degli altri mercati, quello dell’arte continua ad avere liquidità e partecipazione attiva degli acquirenti, anche se a diversi livelli”. E Ubs,in un recente incontro sull’art banking, ha aggiunto: “Ogni galleria e casa d’aste sta cercando adesso di fare leva sulla qualità”.,p>
A New York, Sotheby’s deve aver ascoltato la banca svizzera. E la scorsa settimana ha promosso un’asta intitolata “Una serata di vini eccezionali”, non trasformatasi in un disastro solo grazie agli investitori asiatici. La raccolta, attesa tra 3,2 e 5,1 milioni di dollari, si è fermata infatti a 2,2 milioni. Scomparsi gli assegni in bianco, adesso ci si muove esclusivamente nei confini di un budget preciso. E per evitare brutte sorprese non è mai abbastanza la prudenza al momento della decisione d’acquisto.

Senza dimenticare uno spirito sinceramente coinvolto. “Se l’arte non è amata prima o poi si vendica”, ha detto la gallerista e storica dell’arte Claudia Gian Ferrari. Come a dire, i problemi arrivano quando viene trattata come un derivato qualunque. ll vero collezionismo, lo zoccolo duro del settore, è fatto di appassionati e non di speculatori. E nell’affanno generale, a soffrire di più sembra essere proprio la fascia medio-bassa, penalizzando cantine e artisti emergenti, che, soprattutto con risorse limitate a disposizione, non godono di grande attenzione da parte degli acquirenti. Del resto, anche se non si possa propriamente definire “emergente”, il Picasso ritirato perché lontano dai valori di raccolta previsti era stato acquistato tempo fa per appena 12.000 dollari.

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