Le difficoltà delle grandi imprese stanno accrescendo le dimensioni del mercato delle “obbligazioni spazzatura” (junk bonds) denominate in euro. Questo mercato era di 20 miliardi di euro l’anno scorso, ora ammonta a circa 30 miliardi.
Sinora il grosso degli “angeli caduti” era costituito da titoli di imprese di telecomunicazioni e media, colpite dalla crisi finanziaria dovuta all’eccesso di investimenti nell’hi-tech. Si sono aggiunte, dopo l’11 settembre, compagnie aeree come British Airways e imprese di grande distribuzione come Woolworths.
Gli investitori di questo mercato, che accettano il rischio dell’impiego in titoli non sicuri in cambio di una più elevata remunerazione, attendono l’ingresso nel recinto “junk” di gruppi industriali di settori apparentemente lucrosi, come la spagnola Repsol, gigante petrolifero che si è impegolato con l’acquisto, nel 1999, della YPF, compagnia argentina di idrocarburi ora insolvente. Repsol fa buoni utili ma per la garanzia su YPF la valutazione delle sue euroobbligazioni rischia di essere degradata dalle società di revisione.
Ci si aspetta poi che nella cattiva compagnia entri anche Fiat, perché, nonostante il piano di sostegno finanziario sottoscritto dalle banche, potrebbe avere difficoltà visto che il mercato ancora non ha visto un nuovo piano industriale.
La formula con cui San Paolo-IMI, Banco di Roma e Intesa BCI hanno fornito crediti alla Fiat, dà l’impressione che il rischio sia principalmente dalla parte delle banche, e che, proprio per coprire l’eccessiva esposizione delle banche stesse sin qui realizzata, si effettueranno operazioni come quella ipotizzata su Fidis.
Ma le società di valutazione, Moody’s, Standard e Poor’s e Fitch, sono ora estremamente caute nei loro rating, dopo le crisi di Enron, WorldCom, Kirch e le critiche di eccessiva compiacenza verso i grandi gruppi che hanno investito anche i vertici della Securities and Exchange Commission.
Così la cerchia delle euroobbligazioni spazzatura si accresce non solo a causa delle difficoltà oggettive di imprese dei più diversi comparti ma anche come reazione alle valutazioni del passato, basate più sui blasoni che su dati strutturali.
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