Non c’e` un parametro affidabile con il quale valutare gli aggiustamenti degli indicatori macroeconomici in seguito agli attacchi dell’11 settembre. I dati sull’occupazione e le vendite al dettaglio non erano molto positivi, ma quanto migliori avrebbero potuto essere se gli attacchi terroristici non si fossero verificati?
Il colpo inferto dai terroristi agli utili e’ stato senz’altro violento, ma quanto? Come ci sarebbe apparso il mondo a meta’ ottobre se non avessimo perso la nostra tranquilla ingenuita’ in settembre? C’e’ molta confusione riguardo a questo. I segnali indicano diverse direzioni: i mercati dei bond si attendono l’inflazione, o forse una crescita, rischio che i mercati delle commodity non sembrano capaci neanche solo di immaginare.
“C’e’ stata un po’ di turbolenza nei tassi di cambio tra dollaro, euro e yen”.
La mancanza di indicazioni sicure per il mondo come viene ora percepito mi induce a cercare la strada come un cieco, brancolando nel buio. E le conclusioni alle quali sono giunto sono che date tutte le cose che sono successe dall’11 settembre, se non fosse per gli effetti psicologici di tali atrocita’, il consensus sarebbe probabilmente stato per una prospettiva ottimistica sull’occupazione, la produzione, i ricavi e anche i prezzi delle azioni.
Sarebbe, ovviamente, un errore ignorare questi effetti psicologici. Ma se dovessero essere mitigati, se qualche sorta di catalizzatore provocasse una loro diminuzione, sarebbe possibile per i titoli registrare prezzi piu’ alti, magari anche solo di poco.
L’azione delle ultime tre settimane, e la recente reazione alla questione antrace da’ un senso di opportunita’, come pure di rischi ribassisti inerenti alle condizioni attuali, a causa delle quali ritengo che sia sbagliato, se non addirittura imprudente, in questo momento vendere allo scoperto al ribasso.
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(*) Jim Griffin e’ direttore della newsletter finanziaria “Aeltus Weekly”