Borsa Tokyo piatta, molto male Hong Kong (-2,7%) con sell su Alibaba (-7%). Futures Usa su, Nasdaq +1,4%
L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso piatto, con una variazione pari a -0,05% a 27.801,64. Molto male la borsa di Hong Kong, -2,5%, tramortita dalle vendite sui titoli delle società attive nel mercato immobiliare e dai cali di Alibaba e Meituan. Molto male Alibaba, che affonda del 7%, dopo le indiscrezioni riportate in esclusiva dal Wall Street Journal, secondo cui il miliardario cinese Jack Ma intenderebbe cedere il controllo di Ant Group.
Questa operazione fa parte dello sforzo del gigante fintech di allontanarsi da Alibaba dopo oltre un anno di forti pressioni da parte delle autorità di regolamentazione cinesi. Male anche Meituan, dopo che i vertucu sono stati convocati dalle autorità di mercato in merito alle misure di sicurezza alimentare adottate e alla competizione sui prezzi. Riguardo alle altre borse asiatiche, Shanghai cede lo 0,90%, Sidney sale dello 0,81%, mentre Seoul avanza dello 0,67%. I futures su Wall Street sono in solido rialzo, sulla scia delle trimestrali diffuse dalle big tech Amazon e Apple. I futures sul Dow Jones salgono dello 0,18%, quelli sullo S&P 500 dello 0,74% e quelli sul Nasdaq scattano dell’1,42%.
Ieri è stato diffuso dal fronte macroeconomico degli Stati Uniti il dato sul Pil Usa del secondo trimestre che si è contratto per la seconda volta consecutiva.
Il prodotto interno lordo americano è sceso di fatto, nel periodo compreso tra i mesi di aprile e di giugno, dello 0,9%, facendo peggio della crescita pari a +0,3% attesa dagli analisti intervistati da Dow Jones, dopo il -1,6% del primo trimestre.
Secondo molti economisti, si parla di recessione tecnica proprio in caso di contrazione del Pil per due trimestri consecutivi, come è avvenuto nel caso Usa.
Tuttavia proprio l’altroieri, nel Fed-Day, e nella conferenza stampa successiva all’annuncio sui tassi Usa – che sono stati alzati di 75 punti base per la seconda volta consecutiva, al nuovo range compreso tra il 2,25% e il 2,5% – il presidente dell’istituzione, Jerome Powell, aveva detto di non credere che l’economia Usa fosse in recessione.
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