Società

NET TV: IL DESTINO DI FREEDOMLAND E EPLANET

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Freedomland e e.Planet hanno uno strano destino, che negli ultimi mesi li ha messi in comune.

Sono due tra le azioni del nuovo mercato che hanno perso di più negli ultimi mesi. Freedomland, quotata il 18 aprile 2000 a €105, oggi è scambiata a €16,35, mentre e.Planet si è quotata il 3 agosto 2000 a €120 e adesso l’azione vale circa €16,11).

Secondo gli esperti di Borsa, entrambi i titoli sono stati sopravvalutati in fase di IPO, e la crisi del Nuovo Mercato di fine 2000 ha ulteriormente penalizzato i titoli. Secondo un analista di una banca straniera che preferisce non essere citato, il fair value di Freedomland è tra i €12 e i €13, ma il problema principale della società è che senza un piano di rilancio del business, la società è destinata a chiudere.

Un altro analista invece ritiene che la situazione per Freedomland potrebbe sbloccarsi. La liquidità in possesso della società di De Giovanni potrebbe fare gola a molti: si tratta di una posizione finanziaria netta che si attesta intorno ai 400 miliardi di lire, valore che evidentemente mese dopo mese continua a diminuire – solo nel primo trimestre la società ha perso circa 25 miliardi.

E qualche società che si era fatta avanti prima che Cairo, Benatti e Cuneo la spuntassero, potrebbe farsi di nuovo avanti. Si pensa a Finmatica, ma anche a un editoriale come Mediaset, Seat Pagine Gialle o De Agostini.

L’idea vincente di Freedomland doveva essere la cosiddetta web tv, la tv interattiva attraverso un decoder e una tastiera a raggi infrarossi.

L’idea è americana. Si chiama NetTV, una televisione che trasmette contenuti Internet, attraverso un set-top box collegato alla Tv e ad un cavo di fibre ottiche o al satellite.

In base ai modelli è possibile navigare a diversi livelli di interattività (ecommerce, home banking, e-mail). Per i costruttori l’idea è quella di partire mossi dalla possibilità di avvicinarsi a segmenti di domanda con fabbisogni informatici meno articolati rispetto all’utente del PC.

I produttori di apparecchiature (Worldgate, Liberate Technology, OpenTV, Sony/Philips/Echostar, AOL) hanno lanciato una serie di strumenti che consentono di accedere ai contenuti Internet, o ai servizi ad esso connessi in maniera semplice e a costi iniziali ridotti rispetto allo strumento informatico per eccellenza.

Il primo a voler portare questa esperienza in Italia è stato proprio Virgilio De Giovanni, fondatore ed ex presidente di Freedomland, che contava anche sul progetto di cablaggio delle principali città (portato avanti da società come e.Biscom e dalla stessa E.Planet, anch’essa inizialmente interessata alla web tv).

Una velocità 100 volte superiore a quella delle linee telefoniche, avrebbe certamente superato i limiti oggettivi del “set top box” scelto da Freedomland (sul quale in questi anni si è investito poco in termini di implementazione e che invece adesso sembra aver solleticato la fantasia di Microsoft, Aol e Liberate), e avrebbe consentito un accesso a internet attraverso la televisione, con la possibilità di più small businesses, come guardare un film di cassetta o fare trading on line.

Freedomland, dopo l’inchiesta avviata dalla magistratura e le dimissioni di De Giovanni, aveva ricevuto diverse offerte di acquisto, e nello scorso aprile si era arrivati a un nuovo management. Una cordata, composta da Onetone, Angel Ventures, Cuneo e Associati e Cairo Communication, aveva rilevato il 29,85 % del capitale proprio da De Giovanni.

Secondo i nuovi investitori, il principale protagonista della telenovela giudiziaria ancora pendente, nella nuova società avrebbe avuto solo un ruolo marginale (nonostante ancora detenga circa il 21% delle azioni).

Forte di queste rassicurazioni, gli investitori avevano puntato sul titolo, che era salito da €18 a €55 in appena 11 giorni.

Ma tra la fine di maggio e il 14 giugno prima Cuneo, poi Benatti e Cairo si sono ritirati dall’operazione. Il titolo è sprofondato sotto i mimini storici.

Diversa la situazione per ePlanet. La società è nata con l’obiettivo di diventare tra i principali operatori in Italia di reti locali in fibra ottica per la fornitura di servizi integrati di telefonia, Internet, video e trasmissione dati a banda larga e banda larga mobile (UMTS).

Attraverso la controllata Planet Mobile, e.Planet detiene lo 0,5 del consorzio Ipse, titolare di una delle licenze mobili per i cellulari di terza generazione.

A metà maggio di quest’anno il consiglio di amministrazione dell’azienda aveva reso noto che e.Planet versava in gravi condizioni finanziarie e che quindi sarebbe stato necessario l’ingresso di un nuovo partner finanziatore.

Lo scorso 23 maggio, il consiglio di amministrazione di E.Planet ha approvato i conti del bilancio 2000 (perdita di 45,5 milioni di euro) con riserva, fino all’assemblea prevista per fine giugno.

Il Piano di ristrutturazione di e.Planet, che prevede l’inserimento di quasi 100 milioni di nuove azioni, a un prezzo di poco superiore ai €13 non ha convinto gli investitori. Il titolo ha perso parecchio terreno rispetto ai €120 di quotazione iniziale e adesso oscilla tra €14 e €16.

Per e.Planet la soluzione prospettata dal presidente Luigi Orsi Carbone è quella di un’aumento di capitale, attraverso l’immissione di azioni per un valore di quasi €100 milioni.
Di questi, €50 milioni verrebbero da una cordata da composta da Sirti (che si è impegnata a sottoscrivere €10 milioni), Athena (€7,7 milioni), la Angel Ventures di Cairo, che è appena uscita dalla cordata di Freedomland, portandosi dietro il know how della web tv acquisito in questo frangente, pronta a impegnare €12,3 milioni e Van den Henvel, che si è impegnato per €15 milioni.

Questo accordo è però condizionato dall’ottenimento della garanzia di sottoscrizione delle restanti azioni, da parte di una o più banche, per un massimo di €50 milioni, dall’esenzione da parte della Consob di un obbigo di opa e dall’apertura di un’ulteriore linea di credito per altri €50 milioni. Senza una di queste condizioni la sopravvivenza della società diventerebbe molto difficile.

Più che il business plan o l’assetto societario, secondo un analista che preferisce non farsi citare, preoccupa la solidità del titolo e il sentiment negativo. Secondo l’esperto, il fair value di e.Planet è tra i €13 e i €13,5.