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Nella Cina “capital-comunista” 5000 condanne a morte all’anno

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(WSI) – Contro la pena di morte è necessaria una lotta “per la democrazia e l’affermazione dello Stato di diritto”. Questo il messaggio che “Nessuno tocchi Caino” lancia durante la presentazione del rapporto annuale sulla pena di morte. Una classifica macabra che vede in testa la Cina con oltre 5 mila esecuzioni in un anno. In totale, i condannati uccisi nel 2009 sono stati 5.619. Una cifra enorme. E forse parziale, perché “molti Stati non forniscono statistiche ufficiali”. Per il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, l’abolizione della pena di morte è “un traguardo di civiltà giuridica”. E per Gianfranco Fini “l’abolizione è un obiettivo importante per promuovere un modello di convivenza umana fondato sulla dignità dell’individuo”.

I dati. Anche quest’anno la Cina si aggiudica il primato di Paese con il maggior numero di condannati a morte. In percentuale, l’88 per cento del totale. Seguono l’Iran con 402 esecuzioni, l’Iraq con 77. E poi: 69 esecuzioni in Arabia Saudita, 52 negli Stati Uniti e 30 nello Yemen. Inoltre, i dati del rapporto indicano che dei 43 Paesi che ancora adottano la pena capitale, 36 sono dittatoriali, autoritari o illiberali. “In tutti questi Paesi”, si legge in un passaggio del rapporto, “la soluzione definitiva del problema attiene alla lotta per la democrazia, l’affermazione dello Stato di diritto, il rispetto dei diritti politici e delle libertà civili”.

Otto minorenni giustiziati. Nel 2009, almeno otto persone con meno di 18 anni al momento del reato sono stati giustiziate. Cinque in Iran e tre in Arabia Saudita. E condanne a morte sono state emesse ma non eseguite nei confronti dei minorenni negli Emirati Arabi Uniti, in Birmania, in Nigeria e in Sudan. Esecuzioni che sono in “aperto contrasto con quanto stabilito dal patto internazionale sui diritti civili e politici e dalla convenzione delle nazioni unite sui diritti del fanciullo”.

Oltre 600 esecuzioni in base alla Sharia. I tribunali islamici hanno ordinato 607 esecuzioni in 10 paesi a maggioranza musulmana. Nel 2008 erano state almeno 585, eseguite in 16 paesi. Per Nessuno tocchi Caino, “il problema non è il Corano perché non tutti i paesi islamici che ad esso si ispirano praticano la pena di morte o fanno di quel testo il proprio codice penale, civile o, addirittura, la propria carta fondamentale. Il problema è la traduzione letterale di un testo millenario in norme penali, punizioni e prescrizioni valide per i nostri giorni, operata da regimi fondamentalisti, dittatoriali o autoritari al fine di impedire qualsiasi processo democratico”.

Un premio all’Africa. Il presidente della commissione dell’Unione Africana Jean Ping ha ricevuto il premio Abolizionista dell’anno, riconoscimento assegnato alla personalità che più di ogni altra si è impegnata sul fronte della moratoria delle esecuzioni capitali. Prima di essere eletto presidente della commissione Ua, nel febbraio 2008, Ping è stato ministro degli esteri del Gabon. E durante il suo mandato ha fatto approvare l’abolizione della pena capitale. Da allora, secondo Nessuno Tocchi Caino, “i passi più significativi verso l’abolizione della pena di morte sono stati compiuti proprio in africa”. Negli ultimi due anni, infatti, hanno cancellato la pena capitale Ruanda, Burundi e Togo.

Napolitiano e Fini. Per Giorgio Napolitano, l’abolizione internazionale della pena di morte è “un traguardo di civiltà giuridica a favore del quale l’Italia coerentemente opera in ogni foro”. Sul tema interviene anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ricordando la necessità che “non si affievolisca l’impegno, da parte dell’intera comunità internazionale, nel rendere sempre più efficace una strategia incentrata sulla sensibilizzazione dell’opinione pubblica mondiale e sulle iniziative di stati e di organizzazioni volte all’abolizione”.

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