(WSI) – Ho rispetto per Umberto Ambrosoli. E non soltanto perché è uno dei tre figli di Giorgio Ambrosoli. Il padre, avvocato, era l’integerrimo liquidatore della Banca Privata di Michele Sindona. Gli aveva affidato l’incarico un altro galantuomo, Paolo Baffi, governatore della Banca d’Italia.
Svolgendo il suo lavoro, Ambrosoli entrò nel mirino di Sindona. E la sera dell’11 luglio 1979 fu assassinato a Milano, sul portone di casa, da un killer arrivato apposta dagli Stati Uniti. È una storia che conosco bene, per averne scritto più volte sui giornali e nei miei libri.
In quel tempo coperto di sangue, Umberto era un bambino di otto anni. Oggi è avvocato e sul “Corriere della sera” di ieri ha pubblicato una lunga opinione sull’attentato subìto da Silvio Berlusconi. Ma quell’intervento non è dedicato al premier, bensì al sottoscritto.
A lui non è piaciuta la mia intervista al “Corriere”, raccolta da Paolo Conti. Vi sostenevo quanto ho scritto più volte su “Libero” e sul “Riformista”. Ovvero che nel fetido clima odierno sento puzza di anni Settanta. Quando emerse il terrorismo rosso e nero. E le Br cominciarono ad assassinare persone inermi e incolpevoli.
Ambrosoli junior dichiara che la mia tesi è «impropria e pericolosa». Sarebbe impropria, ossia senza fondamento, perché secondo lui oggi non esistono le tensioni sociali che negli anni Settanta rendevano l’Italia un soggetto a rischio. Allora il paese «era pervaso da un forte sentimento di ingiustizia sociale che, da sempre, costituisce la miccia di manifestazioni di violenza». Mentre nell’Italia del 2009 non si nota nulla di questo.
Mi domando dove viva Umberto Ambrosoli. E se legga i giornali. Siamo in piena crisi economica. Molte fabbriche chiudono. Tanti italiani hanno già perso il posto di lavoro. Tutti gli indicatori ci spiegano che cresce il divario tra chi sta bene e chi sta male. E chi è più debole si sente vittima di un’ingiustizia profonda. Per di più la politica non riesce a trovare un accordo su che cosa fare.
Se Ambrosoli jr non vede tutto questo, che cosa debbo dedurne? Che è un marziano appena sbarcato da un altro pianeta? Ma i marziani non sono utili per capire il dramma italiano di oggi. E meno che mai per rendersi conto che le tensioni sociali non sono il motore del terrorismo politico. Chi è deciso a sparare, comincia a farlo spinto dal fanatismo ideologico. Per il terrorista il malessere della società è soltanto un contesto secondario.
Tanto è vero che, per restare alle Brigate Rosse, accoppavano i cristiani anche se c’era il boom economico. E pure se le istituzioni miglioravano. Non a caso, il primo lungo sequestro dei brigatisti, quello del magistrato genovese Mario Sossi, e il primo doppio delitto, a Padova nella sede del Msi, avvengono tra la primavera e l’estate del 1974, mentre in Italia è introdotto il divorzio.
Ma secondo il giovane Ambrosoli, la mia tesi è anche «pericolosa». Caspita!, non mi ero reso conto di essere un cattivo maestro. Secondo Umberto, lo sarei perché la mia opinione sul clima simile a quello degli anni Settanta è un virus cattivo. Che potrebbe spingere dei giovanotti con «ambizioni emulative» a scendere in strada armati. Per ripetere nel 2009 l’esperienza dei terroristi del tempo che fu.
Ambrosoli jr non può saperlo. Ma la faccenda del «pericoloso» la conosco da un pezzo. Mentre in Italia nasceva il terrorismo politico, e io ne scrivevo sulla “Stampa”, i giornali comunisti e socialisti mi davano piattonate in testa. Dicendo che scambiavo lucciole per lanterne. E che le prime bande rosse, a cominciare dai tupamaros di Genova, erano soltanto piccoli gruppi di criminali comuni. Dunque era bene non parlarne. Per non fargli da grancassa ed eccitare chi aveva voglia di imitarli. Stessero zitti soprattutto i giornali dei padroni, come la testata sulla quale scrivevo, il fogliaccio della Fiat.
Ci volle qualche anno e un bel po’ di morti per spingere le sinistre di allora ad ammettere la verità. E prima di arrendersi all’evidenza, si nascosero dietro una cortina di bugie. Me le ricordo bene. Le Br non sono rosse, bensì nere. Sono mercenari al servizio dei capitalisti italiani. Sono killer della Cia americana. Persino Renato Curcio, uno dei fondatori delle Br, venne dipinto come un militante di Ordine Nuovo!
Umberto dovrebbe leggere qualche libro in più. E studiare meglio quel che accadde quando era piccolo. Sul resto del suo intervento, non dico nulla. Sono parole di generico buon senso, che tutti possono condividere: attenuare i toni, non demonizzare l’avversario, meglio il confronto dello scontro.
Meglio di lui, e con più autorità, raccomanda da tempo le stesse cautele Giorgio Napolitano. Non credo che Ambrosoli jr aspiri al Quirinale. E comunque è un po’ troppo presto per un giovane avvocato.
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