ROMA (WSI) – Dopo Dondi e’ forse la societa’ italiana di divani piu’ famosa. Ma da quando Natuzzi, la piu’ grande azienda nel settore dell’arredamento nel nostro paese, ha deciso di delocalizzare la produzione in Brasile, licenziando duemila persone, di italiano rimarra’ ben poco.
Mentre negli Stati Uniti l’amministrazione Obama ha imposto leggi atte a convincere le aziende americane a riportare le attivita’ in patria, la storica fabbrica Natuzzi trasloca. Motivazione: il calo della produttivita’ registrato negli stabilimenti italiani.
Oltre che in Brasile, l’azienda quotata alla Borsa Usa (ticker: NTZ) produce anche in India, Cina e Romania. Verranno soppressi i siti in Puglia e Basilicata.
Nell’ultima riunione avuta con i sindacati, l’azienda con 54 anni di storia alle spalle, ha comunicato esuberi per 1.900 unità (su 2.700, ndr) minacciando di delocalizzare definitivamente la produzione di divani. Venerdì 28 giugno gli operai sciopereranno. Ci sarà anche un corteo sotto gli uffici del governatore Nichi Vendola.
Fino al 2011 in realta’ il gruppo sembrava impermeabile alla crisi torrenziale che ha travolto l’Europa, in un settore – quello del mobile imbottito italiano – che non ha rivali nel mondo. Il fatturato e’ stato pari a 486,4 milioni di euro. Nel primo trimestre la perdita netta del gruppo si e’ ridotta di 2,4 milioni di dollari rispetto allo stesso periodo dell’anno prima, attestandosi a quota $6 milioni. I titoli scambiano a circa un terzo del loro valore effettivo (book value) e secondo alcuni analisti Usa il bilancio non rispecchia quello che e’ il valore di mercato del suo brand e dei suoi asset intangibili.
E l’8 febbraio e’ stato firmato un programma per rilanciare il settore con un finanziamento di 101 milioni di euro distribuito dal Mise e dalle Regioni di Puglia e Basilicata.
Nel frattempo il manager Sergio Marchionne ha assicurato che continuera’ a investire in Italia, sottolineando che Fiat “non e’ piu’ quella del 2004, ma e’ considerata ancora una azienda italiana che si porta dietro tutti i pregiudizi, come quelli sulla qualita’ dei prodotti e quello di vivere alle spalle dello Stato con aiuti pubblici”.
L’AD della casa automobilistica torinese si e’ vantato di aver “creato lavoro e benessere, e continuiamo a investire e credere nell’Italia”.