Società

MORALISMI: L’ECONOMIA POCO ETICA E’ IN CRISI

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(WSI) – Avidità, incartata nel classico pacco alla napoletana: questa è la sintesi della causa, dei motivi e degli strumenti con cui la crisi finanziaria internazionale ha rimbombato nel mondo. Niente esotismi, nessun trucco speciale che non si riduca alla rapacità spregiudicata di alcuni, celata da sofisticati inganni tecnici e complicità politiche e ideologiche: sostituisci l’ultimo modello di telefono cellulare con un po’ di mutui ipotecari concessi allegramente, il pacco con una cartolarizzazione e otterrai lo stesso risultato dei due compari appostati presso la stazione ferroviaria in attesa di qualche sprovveduto. Il risultato, di per sé disprezzabile, diventa fetido se si considera che è stato conseguito da persone già spudoratamente pagate. Ciò che è capitato negli ultimi anni ha mostrato, qualora ce ne fosse bisogno, che lo sviluppo economico e finanziario senza etica sociale, senza dignità personale, senza decoro umano, è vettore di povertà, di traumi, di iniquità, di ingiustizia.

La crisi ha mostrato che la spregiudicatezza, la ributtante esistenza di certi soggetti, dediti solo all’accumulo vorace di ricchezza, veri pozzi di San Patrizio dell’avidità, monumenti ammirati alla più sordida follia, è pericolosissima per tutti, per l’equilibrio del pianeta, per la pace fra i popoli. Per questi motivi, si verificano guerre di povertà e di sfruttamento, travestite oggi da guerre di religione per ingannare i popoli. Non si può non restare scossi, quando si scopre che il cosiddetto occidente civilizzato, essenzialmente il Nord America e l’Europa dove vive il 20% della popolazione mondiale, consuma l’80% della produzione di risorse del mondo intero e concentra una ricchezza anche superiore.

Su questa ingiustizia ciascuno di noi può influire, manifestando nella vita quotidiana, a chi si confronta con noi, il giusto dissenso per strategie e modelli di vita che incoraggiano e sostengono una crescita immotivata a scapito del pianeta e dei nostri simili in povertà. Ciò presuppone anche una riduzione dei consumi in chi brucia di più e un sostegno ai più deboli che sia stabile, garantito, inderogabile, che vada al di là della carità pelosa che resta tale anche se la si chiama ammortizzatori sociali. In quest’ambito, l’approccio ambientalista alla produzione e al consumo contribuisce a rieducare alla temperanza, al rispetto per il pianeta che ci ospita, che per tanti è un inferno a causa dell’avidità dei paesi più avanzati, trainati dal dogma del Pil necessariamente crescente, ambizione che non troverà mai appagamento perché priva di un obiettivo concreto, chiaro, universale.

Non basta accrescere la ricchezza senza tenere d’occhio cosa vogliamo ottenere in concreto: il denaro è l’unico bene senza qualità e, inseguendolo, anche gli uomini perdono le loro qualità e diventano numeri. Sempre più spesso, questa corsa affannosa verso un orizzonte che si sposta di continuo, finisce in rovinose cadute che travolgono singoli, famiglie, popoli. Tutte queste persone hanno un nome ed è inutile trincerarsi dietro la comoda scusa che non c’è alternativa: c’è sempre ed è in chi sogna un mondo migliore per tutti. Fra noi di sognatori ce ne sono tanti, quindi abbiate coraggio e contestate in ogni occasione, la diffusa ingiustizia, chiedendovi, alla fine della vostra giornata, se avete fatto qualcosa di buono per gli altri e non solo se siete stati produttivi e punto.

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