Società

Monti: ora riforma mercato lavoro. Art.18 non sia un tabù

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Roma – Il governo va avanti ed il premier Mario Monti spiega ancora in tv che tutto si tiene: liberalizzazioni (senza escludere la fiducia in Parlamento sul decreto), riforma del lavoro (senza “tabù” sull’art.18), semplificazione (con nuove misure da avviare in settimana), evasione fiscale (con serietà ma senza “caccia alle streghe”).

“Nessuna dilazione” sulla deregulation, nessuna timidezza e neppure timori per la reazione non incoraggiante dei partiti, che comunque per il premier “é nel complesso positiva”. Ora – spiega Monti a ‘In 1/2 ora’ – avanti con la riforma del mercato del lavoro “a vantaggio dei giovani” e con il pacchetto semplificazione, perché “l’Italia sta o non sta nel mercato internazionale per la sua capacità di collocare i suoi prodotti, nel cui costo entrano tante cose, il lavoro in modo importante”. Un capitolo spinoso, questo, sul quale il premier annuncia di voler procedere nel negoziato con le parti sociali “senza tabù sull’art.18, con apertura mentale totale da parte di tutti”, governo incluso.

“Non so ancora se vorremo porre la fiducia sulle liberalizzazioni – dice comunque Monti dopo il varo del decreto – Logico che ogni partito ritenga che si sia andati troppo avanti su certi fronti e non abbastanza su altri. Vedremo se sarà necessaria la fiducia. Per ora ne abbiamo molta di fiducia sul fatto che il Parlamento sappia apprezzare questo provvedimento”. E il premier si rammarica di aver ‘sconsigliato’ al Parlamento sovrano modifiche su un provvedimento che ha una sua logica complessiva e di essersi ritrovato a leggere titoli di giornale del tipo “Monti minaccia il Parlamento”. Il Professore non digerisce neppure le accuse ormai più reiterate al suo governo.

“Non siamo servi dei poteri forti e della banche – si inalbera -. La mia storia personale dimostra che avrò infinite debolezze ma non questa. Un ministro come Passera ha lasciato incarichi di prestigio per venire su una ‘barchetta’ come questa, che ora sembra andare, ma che non si sapeva neppure se potesse essere varata. Mi disturba profondamente questa concezione nebulosa del conflitto di interesse. Se qualcuno dei miei ministri porta un conflitto di interesse sarò io a chiedergli di dimettersi”.

La contestazione della piazza leghista non impensierisce invece più di tanto il premier, né i ‘forconi’ siciliani. “Ho visto che mi stanno contestando: è meglio sentirsi approvati – commenta – ma fa parte dell’attività che temporaneamente svolgo anche l’essere contestati. Dell’opposizione della Lega prendo atto con rispetto e non mi pronuncio, ma sono sicuro che se riflettesse sui suoi principi fondanti, vedrebbe che questo governo sta facendo tante cose che rispondono alle istanze iniziali leghiste”.

Di certo comunque il governo non arretra sulle liberalizzazioni: “Per anni è stato coltivato l’interesse delle singole categorie, ma ciò ha dato vita a ‘gabbie’ senza visione generale”. Ora perciò si tira dritto, senza “nessuna dilazione”.

“Sullo scorporo della Snam da Eni – spiega ad esempio il Professore – se non abbiamo detto che la separazione scattava dall’entrata in vigore del decreto è perché si tratta di società che hanno azionisti e procedure da rispettare nei consigli di amministrazione”. Ma non ci sono passi indietro, anche se sulle privatizzazioni (per esempio delle Ferrovie) “bisogna evitare che un eccesso di zelo astratto invece di favorire gli utenti porti asimmetrici vantaggi agli investitori stranieri”.

E comunque Monti ribadisce che c’é una caratura ‘sociale’ nell’azione del governo. “Il Pil reagisce in modo impercettibile a ciò che avviene nel mondo delle farmacie – ammette autoironico il premier – ma conta la reazione civile, sociale. Perché i cittadini, vedendo che non ci sono categorie escluse dallo sforzo nazionale di modernizzazione, sono pronti a partecipare a loro volta”.