Verso un moderato rallentamento dell’economia mondiale nel 2007. Lo rivela l’Isae, l’Istituto italiano di studi e analisi economica. Le previsioni degli organismi internazionali e dei principali analisti, infatti, evidenziano come a un andamento ciclico ancora robusto in Asia si contrapporrebbe una decelerazione negli Stati Uniti e in Europa, anche se quest’ultima sembrerebbe determinata da fattori temporanei.
L’affermarsi negli anni più recenti di un “ciclo asiatico”, relativamente meno dipendente rispetto al passato dagli andamenti delle economie industrializzate, rileva l’Isae nella sua nota mensile, sembra rappresentare l’elemento in grado attenuare gli effetti negativi della trasmissione di un rallentamento statunitense all’economia internazionale.
Il rallentamento negli Stati Uniti, evidenzia l’Istituto, risulterebbe di una certa entità (9 decimi e 1,6 decimi di punto rispettivamente nel 2006 e 2007 rispetto alla base), ma non tale da determinare una recessione. Al contrario, gli effetti sarebbero trascurabili per la zona euro (un decimo di punto in entrambi gli anni) e leggermente più marcati per l’area asiatica, dove la situazione per i tre maggiori Paesi appare molto differenziata.
Per l’area euro, effetti più significativi sono ipotizzabili se alla decelerazione statunitense si accompagnasse una tendenza all’apprezzamento della moneta unica verso il dollaro, favorito da una reazione dei mercati finanziari rispetto al rallentamento americano e se, soprattutto, la Banca centrale europea tardasse a modificare le proprie strategie di tassi di interesse in risposta al mutamento di scenario sulle valute.
Nel caso in cui al rallentamento statunitense ipotizzato nella prima simulazione (in cui si associa un livello del cambio bilaterale euro/dollaro pari a 1,4 per il biennio 2007-08 e, contestualmente, la Banca centrale europea non modifica in modo sostanziale il proprio comportamento rispetto allo scenario di base), la crescita del Pil di Eurolandia risulterebbe inferiore di 5 decimi di punto sia nel 2007 che nel 2008.
Tra i Paesi europei, la Germania evidenzierebbe un effetto negativo superiore alla media e agli altri due principali partner, Italia e Francia, a causa della sua maggiore esposizione commerciale sia verso gli Stati Uniti che verso Cina e Giappone.
In definitiva, la severità della decelerazione europea, a fronte di una apprezzabile frenata americana e di un dollaro più debole, verrebbe a dipendere dalla velocità di risposta della Banca centrale europea al materializzarsi di tali shock.