Il presidente dell’Opec, Mohammed al-Hamli, sta mantenendo “intense” consultazioni telefoniche con gli Stati membri circa ulteriori azioni da attuare per fronteggiare il calo nei prezzi del petrolio. Lo riferiscono ieri diverse fonti del Cartello dei Paesi produttori di greggio, secondo le quali ai colloqui avrebbero preso parte diversi ministri del Golfo, il principale esponente nigeriano, Edmund Daukoru, e il ministro del Petrolio venezuelano. Le fonti, tuttavia, non riferiscono se qualche decisione sia già presa. “Oggi (ieri, ndr) ci sono state ampie e intense consultazioni tra i ministri dell’Opec attraverso il segretariato dell’Opec sui recenti sviluppi nel mercato”, spiegano le fonti. I prezzi del petrolio sono in calo per il secondo giorno consecutivo verso i 55 dollari al barile, ai minimi dal giugno 2005, a causa delle alte temperature stagionali registrate negli Usa, primo consumatore mondiale. A spingere i prezzi al ribasso è lo scetticismo degli investitori sull’effettiva capacità dell’Opec, il cartello che produce un terzo del greggio mondiale, di esercitare una presa sui prezzi. Sebbene il ministro del petrolio del Kuwait, Ali Jarrah al-Sabah, abbia affermato come i Paesi membri potrebbero annullare i piani di espansione produttiva per arrestare il calo dei prezzi, gli operatori dubitano che una tale decisione sia seguita da altri membri, come l’Arabia Saudita, che starebbe utilizzando il calo dei prezzi del greggio per indebolire l’Iran. A dare linfa ai prezzi non giunge neppure la querelle tra Russia e Bielorussia dopo che il Governo di Mosca arresta l’export di oro nero che transita per l’ex Paese satellite diretto in Europa, accusando Minsk di rubare il 30 per cento dei flussi. Per il momento, secondo quanto evidenziato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (Aie), i Paesi colpti dall’interruzione delle forniture come Germania, Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia, hanno riserve sufficienti per far fronte alle immediate necessità. Tuttavia, come segnala ieri il Financial Times, “l’interruzione delle forniture all’Europa è solo l’ultima in ordine cronologico e potrebbe danneggiare ulteriormente la reputazione di Mosca come un fornitore affidabile di energia dopo il braccio di ferro dello scorso anno con l’Ucraina”. “Non c’è apparentemente un impatto immediato per le raffinerie dei paesi coinvolti – rivela l’Aie in una nota – poiché tutti possono attingere a riserve di diversi giorni. Non c’è quindi una minaccia che i rifornimenti ai consumatori vengano interrotti”. La Russia accusa la Bielorussia di aver sottratto petrolio dal suo principale oleodotto e taglia le esportazioni di greggio ai Paesi vicini interrompendo i rifornimenti alla Polonia e alla Germania e minacciando un più ampio blocco per l’Europa Centrale. Transneft, la società di stato che gestisce in monopolio gli oleodotti russi, ammette di essere costretta ad agire, poiché Misnk attinge illegalmente dal suo oleodotto. “Se l’interruzione del rifornimento dall’oleodotto Druzhba, dovesse essere prolungata – assicura l’Aiea – ogni raffineria potrebbe attingere da altre vie e alcune stanno già organizzando rifornimenti alternativi, sia attraverso i porti del mar Baltico sia attraverso gli oleodotti provenienti da altre fonti. Ma i rapporti dai differenti Paesi e dalle compagnie – avverte l’Aie – indicano al momento che il mercato è piuttosto capace di fronteggiare questa situazione”. L’Agenzia chiede quindi una veloce e chiara risoluzione della disputa tra Mosca e Minsk.
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