Prima ancora di diventare una proposta precisa, incontra difficoltà e diffidenze l’idea di Angela Merkel di avviare trattative verso un nuovo Patto Atlantico, questa volta economico, a 57 anni dalla firma di quello militare. Dalle prime reazioni che si sono potute raccogliere a Bruxelles, l’idea può contare fin d’ora sul sostegno britannico e in linea di massima di numerosi Paesi dell’ultimo allargamento dell’Ue, come la Polonia e gli Stati baltici. In teoria è piaciuta anche ai diplomatici americani di Bruxelles. Solo in teoria, però, dal momento che i rappresentanti dell’amministrazione Bush presso l’Ue danno l’impressione di pensare unicamente a una zona di libero scambio e non a un’armonizzazione del modo in cui funzionano i due sistemi economici. A meno che – sembra di capire – gli europei non si decidano una buona volta ad allinearsi sul sistema americano. Mentre in questi giorni diplomatici, funzionari della Commissione europea ed esperti del Consiglio dei ministri dell’Ue sondano cautamente le rispettive posizioni, l’atteggiamento dei rappresentanti americani sta fornendo munizioni a chi tradizionalmente vede certe iniziative come fumo negli occhi. Il progetto che collaboratori del cancelliere tedesco hanno rivelato al quotidiano International Herald Tribune è destinato a diventare uno dei temi di spicco del semestre tedesco di presidenza dell’Ue, che inizia il primo gennaio. Si tratta di costituire gradualmente, nei prossimi dieci anni, una Zona economica transatlantica in cui le economie europea e americana, pur senza fondersi, si dovrebbero sviluppare di concerto, ubbidendo alle medesime norme giuridiche e pratiche finanziarie, industriali e contabili, per non parlare della necessaria armonizzazione delle politiche monetarie e fiscali.
L’ostilità è palpabile in particolare da parte francese. Per i dirigenti di Parigi, che siano di destra o di sinistra, e per chi li rappresenta a Bruxelles (compreso il commissario europeo Jacques Barrot), la prospettiva di un simile Patto con gli Usa non potrebbe che minacciare l’intoccabile sistema sociale francese, insieme con innumerevoli altre “exeptions françaises”, e di far cadere inesorabilmente gli ostacoli all’odiata globalizzazione economica. Senza contare il radicato antiamericanismo dell’opinione pubblica della Francia e l’irritazione che sicuramente il presidente Jacques Chirac e il suo primo ministro Dominique de Villepin hanno provato nell’apprendere dalle pagine dell’Iht l’esistenza di un progetto su cui il cancelliere Merkel non li ha minimamente consultati: con buona pace del sempre più pallido asse franco-tedesco.