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Mondo: Borse, Nyse-Euronext fusione con Tokyo

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La prossima settimana sarà annunciata l’attesa con la Borsa di Tokyo, mentre al termine del processo di integrazione tra Nyse ed Euronext, che potrà durare almeno un anno, la nuova Borsa transoceanica sarà aperta a nuove alleanze, compresa quella con Borsa Italiana.
A margine del World Economic Forum di Davos, il numero uno di Nyse Group, John Thain, definisce “logica” la partnership con il Tokyo Stock Exchange, aggiungendo di considerare “improbabile” un’eventuale aggregazione con il listino nipponico sull’esempio Nyse-Euronext, a causa delle diverse vesti giuridiche delle due compagnie. L’Asia (India e Cina in testa) resta comunque l’area naturale di espansione, mentre quanto al Vecchio Continente, completata l’integrazione con Euronext, “è prevedibile che altri listini europei possano aggiungersi”, inclusa Piazza Affari, con la quale ci sono contatti nella lunga fase di negoziazione tra Nyse ed Euronext. “In ogni caso – osserva in relazione agli sforzi del Nasdaq per conquistare il London Stock Exchange – le operazioni ostili non sono la strategia migliore. Se andasse in porto, Londra aiuterebbe il Nasdaq ad avere un network internazionale, ma non è chiaro in che modo l’operazione potrebbe aiutare Londra”.
Nessun interesse per l’Lse in caso di fallimento dell’assalto del Nasdaq (“stiamo completando la fusione con Euronext”), mentre c’è pieno assenso a che l’Mts, il mercato dei titoli di Stato, conservi l’attuale assetto di controllo. La società è controllata al 60,4 per cento da Mbe, holding a sua volta partecipata al 51 per cento da Euronext e al 49 per cento da Borsa Italiana. La quota restante di Mts è suddivisa tra 27 gruppi bancari. “Penso – osserva Thain – che per l’attività di Mts sarebbe forse negativo un possesso al 100 per cento da parte di Borsa Italiana”. Il mercato “potrebbe subire danni e un numero di partecipanti potrebbe decidere di andare via. Dal nostro punto di vista manterremmo le cose come sono”. In base agli accordi tra Euronext e Borsa Italiana, i soci possono esercitare, in caso di cambiamento dell’assetto di controllo di uno dei due partner, un’opzione call per riacquistare la quota in Mbe.
Borsa Italiana non assume ancora una posizione sull’esercizio dell’opzione call. Secondo alcune fonti, interpellate a dicembre dall’agenzia Reuters, il management, supportato da un parere legale positivo sul cambiamento degli assetti di Euronext, è orientato a esercitare l’opzione che porterebbe la Borsa a detenere oltre il 60 per cento di Mts. Secondo indiscrezioni stampa, più di un azionista di Borsa Italiana sarebbe invece orientato a esercitare l’opzione put che consente alla società-mercato di cedere a Euronext la sua quota in Mbe. Il Tesoro, presente nel comitato di sorveglianza di Mts, non prende posizione, ma secondo fonti non gradirebbe un Mts senza azionisti italiani nell’assetto di controllo. La società-mercato, leader nel trading europeo di titoli di Stato, è di diritto italiano.
Secondo il presidente del management board di Mts, Gianluca Garbi, “avere accesso al mercato Usa attraverso l’alleanza con il Nyse sarebbe un’opportunità molto importante per lo sviluppo di Mts. Si tratta comunque di un argomento che gli organismi di Mts non hanno ancora affrontato”, precisa subito dopo.
Nell’ipotesi di un Mts nell’orbita Euronext/Nyse è probabile che Luigi Spaventa, presidente del comitato di sorveglianza di Mts, entri nel board del colosso dei mercati azionari.
In tema di opzioni va anche ricordato che alcuni Tesori nazionali, azionisti degli Mts dei rispettivi Paesi, in caso di cambiamento dell’assetto di controllo di Mts possono esercitare un’opzione call e diventare azionisti di controllo della piattaforma nazionale di trading sui titoli di Stato.
Intanto il Nasdaq rinuncia a rialzare la sua offerta ostile per acquisire il London Stock Exchange. “Dal nostro punto di vista – fa sapere il Nasdaq in un comunicato – non c’è tempo a sufficienza per effettuare una revisione dell’offerta finale attraverso un dialogo costruttivo con il Lse”. Il Nasdaq controlla circa il 30 per cento del Lse e offre 1,243 sterline ad azione per la quota restante, per un totale di 5,3 miliardi di dollari. Finora il board del Lse dice due volte no all’offerta del listino Usa, il quale replica che devono essere gli azionisti a decidere e, secondo la normativa britannica, ha la possibilità di estendere i termini di accettazione dell’offerta fino al prossimo 10 febbraio. Finora non si sa quanti azionisti del Lse si siano pronunciati sull’offerta degli americani.