(9Colonne) – Roma, 26 apr – “Premi alla produttività dei pubblici dipendenti? No chiamiamoli con il loro vero nome: si tratta di una riedizione delle vecchie indennità di presenza e di compensazioni per chi ha commesso reati nell’esercizio delle sue funzioni”. Su “lavoce.info” Tito Boeri e Pietro Ichino analizzano il contratto del pubblico impiego e portano “un esempio tangibile di questa parodia dei premi al merito”. Si tratta del contratto integrativo sottoscritto al Ministero del Tesoro sulla distribuzione delle risorse destinate all’incentivazione della produttività tra i dipendenti del Ministero. Non è poco, visto che stiamo parlando di circa due mensilità. “Il 70% delle risorse viene assegnato solo sulla base della presenza. La presenza include anche l’attività sindacale retribuita, evidentemente considerata parte integrante la produttività (scelta da cui si dissociano, bontà loro, i rappresentanti Cgil e Cisl, ma non la UIL e gli autonomi). Il restante 30% del premio viene ripartito ancora sulla base delle presenze e di punteggi forniti dagli stessi uffici di appartenenza senza alcuna possibilità di verifica esterna. In realtà ci risulta che quasi la totalità dei dipendenti delle varie amministrazioni abbia il punteggio massimo. Le tabelle riguardanti questo 30% prevedono, tra l’altro, che i premi vengano dati anche a chi è stato sanzionato, con sospensione del servizio o con multe, per reati commessi sul posto di lavoro. Questi dipendenti avranno un premio solo leggermente ridotto, il 20% in meno, ma solo per l’anno in cui è stato commesso il reato. L’altra mensilità in più ce l’avranno tutta. Insomma, per avere il premio basta essere presenti, magari anche avendo procurato qualche danno erariale con le proprie disattenzioni (se non per dolo). Chiamiamoli dunque con il loro vero nome. Si tratta – concludono i due economisti – di una riedizione delle vecchie indennità di presenza e di compensazioni per chi ha commesso reati nell’esercizio delle sue funzioni”.
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