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Migranti, linea dura Austria: “Vadano in Italia”

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“Vienna è pronta a rimandare in Italia i profughi respinti dalla Germania”. Linea dura dell’Austria nei confronti dell’immigrazione clandestina.

A parlare senza mezzi termini il ministro degli Esteri, Karin Kneissl,  in vista dell’assunzione dell’incarico da parte dell’Austria della presidenza di turno dell’Unione Europea. Un’Unione europea sotto pressione per il dossier migranti che, come dice lo stesso ministro degli interni Herbert Kickl, dopo aver incontrato di persona Matteo Salvini:

“C’è un cambio radicale del pensiero che ha albergato in Europa fino a poche settimane fa  è finalmente possibile una rivoluzione copernicana del sistema di asilo“.

Il problema migranti sta mettendo in serio rischio la tenuta del governo Merkel. Domani il vertice cruciale a Bruxelles con il Consiglio europeo che dovrà tentare di dare una risposta univoca al tema immigrazione, una spada di Damocle sulla testa di Angela Merkel. In Germania proprio alla vigilia del vertice europeo i i capi della Grande coalizione tedesca si sono incontrati ieri sera per tentare una mediazione ma è finita con un nulla di fatto. La leader dell’Spd Andrea Nahles, dice di non escludere nuove elezioni, così anche Volker Kauder, capogruppo della Cdu, ammette che “la situazione è molto seria”.

Il ministro degli Interni Horst Seehofer, artefice della situazione di crisi in Germania con la sua proposta sui respingimenti, ha tentato di ammorbidire i toni, definendo assurda l’ipotesi che si rompa la storica alleanza con il partito di Merkel ma in realtà tra i due il divario ormai appare insanabile.

Seehofer ha minacciato di rispedire alla frontiera i profughi arrivati con flussi secondari – ossia quello che chiedono asilo in un altro paese da quello in cui sono arrivati, spesso l’Italia. Merkel fa muro ritenendo la proposta inammissibile e sta cercando di ottenere accordi bilaterali con l’Italia o con la Grecia sui respingimenti.

La strategia che governo Conte presenterà al Consiglio UE

Cosa succederà lo sapremo lunedì  e martedì quando la Cdu e la Csu si incontreranno di nuovo per valutare i risultati del Consiglio europeo chiave di questa settimana.

Proprio in vista del vertice Ue di due giorni sulla questione dei migranti, Conte ha presentato al parlamento il piano del governo italiano. La strategia principe, delineata in dieci punti programmatici, è quella di “superare completamento il regolamento di Dublino”.

“Come sapete”, ha dichiarato il premier in aula, “abbiamo elaborato una proposta e domenica scorsa l’abbiamo presentata a Bruxelles nel pre-vertice europeo voluto proprio in vista dell’appuntamento di domani e dopo domani. E’ una proposta che punta a offrire una regolamentazione puntuale e una gestione efficace dei flussi migratori anche dal punto di vista dell’interesse del nostro Paese e dei nostri cittadini”.

Dai Paesi di primo sbarco ai centri di protezione e accoglienza, ecco in cosa consiste la proposta intitolata “European Multilevel Strategy for Migration“. Dopo una premessa in cui si sottolinea che “l’Europa è chiamata ad una sfida cruciale”, l’esecutivo ricorda che “dobbiamo passare dalla gestione emergenziale, alla gestione strutturale del fenomeno immigrazione. Ciò si realizza in primo luogo con la regolazione dei flussi primari (ingressi) in Europa, solo così si potranno regolare successivamente i flussi secondari (spostamenti intra-europei)”.

  1. Intensificare accordi e rapporti tra Unione europea e Paesi terzi da cui partono o transitano i migranti e investire in progetti. Ad esempio la Libia e il Niger, col cui aiuto abbiamo ridotto dell’80% le partenze nel 2018.
  2. Centri di protezione internazionale nei Paesi di transito. Per valutare richieste di asilo e offrire assistenza giuridica ai migranti, anche al fine di rimpatri volontari. A questo scopo l’Ue deve lavorare con UNHCR e OIM. Perciò è urgente rifinanziare il Trust Fund UE-Africa (che ha attualmente uno scoperto complessivo di 500milioni di euro) che incide anche su contrasto a immigrazione illegale su frontiera Libia-Niger.
  3. Rafforzare frontiere esterne. L’Italia sta già sostenendo missioni UE (EUNAVFOR MED Sophia e Joint Operation Themis) e supportando la Guardia Costiera Libica, occorre rafforzare queste iniziative.
  4. Superare Dublino. Nato per altri scopi, è ormai insufficiente. Solo il 7% dei migranti sono rifugiati. Senza intervenire adeguatamente rischiamo di perdere la possibilità di adottare uno strumento europeo veramente efficace. Il Sistema Comune Europeo d’Asilo oggi è fondato su un paradosso: i diritti vengono riconosciuti solo se le persone riescono a raggiungere l’Europa, poco importa a che prezzo.
  5. Superare criterio Paese di primo arrivo. Chi sbarca in Italia, sbarca in Europa. Riaffermare responsabilità-solidarietà come binomio, non come dualismo. È in gioco Schengen.
  6. Responsabilità comune tra Stati membri su naufraghi in mare. Non può ricadere tutto sui Paesi di primo arrivo. Superare il concetto di ‘attraversamento illegale’ per le persone soccorse in mare e portate a terra a seguito di Sar. Bisogna scindere tra porto sicuro di sbarco e Stato competente ad esaminare richieste di asilo. L’obbligo di salvataggio non può diventare obbligo di processare domande per conto di tutti.
  7. L’Unione europea deve contrastare, con iniziative comuni e non affidate solo ai singoli Stati membri, la “tratta di esser umani” e combattere le organizzazioni criminali che alimentano i traffici e le false illusioni dei migranti.
  8. Non possiamo portare tutti in Italia o Spagna. Occorrono centri di accoglienza in più paesi europei per salvaguardare diritti di chi arriva e evitare problemi di ordine pubblico e sovraffollamento.
  9. Contrastare movimenti secondari. Attuando principi precedenti, gli spostamenti intra-europei di rifugiati sarebbero meramente marginali. Così i movimenti secondari potranno diventare oggetto di intese tecniche tra paesi maggiormente interessati.
  10. Ogni Stato stabilisce quote di ingresso dei migranti economici. E’ un principio che va rispettato, ma vanno previste adeguate contromisure finanziare rispetto agli Stati che non si offrono di accogliere rifugiati.