MERCATO USA: SIAMO ALLA QUARTA SETTIMANA DI RALLY

di Redazione Wall Street Italia
1 Novembre 2002 22:30

Nonostante l’economia Usa non sembri aver fatto significativi progressi rispetto ai mesi scorsi, i mercati finanziari sono riusciti ad archiviare la quarta settimana consecutiva di rialzi. Il mese di ottobre, tradizionalmente considerato il periodo peggiore per la borsa, si e’ concluso con il guadagno piu’ consistente degli ultimi 15 anni.

Secondo Richard Bernstein, chief US strategist di Merrill Lynch, si puo dire che a questo punto “i titoli azionari si trovano al loro livello di fair value”.

Anche Edward Kershner, analista di UBS Warburg, esprime un moderato ottimismo. “Saranno pero’ necessari diversi trimestri con utili in miglioramento – ritiene l’analista – perche’ i mercati possano realmente risollevarsi”.

Con un rialzo del 2,22% (29 punti), il Nasdaq anche questa settimana ha messo a segno il guadagno piu’ consistente in termini percentuali, portandosi a quota 1.360,70. Dall’inizio dell’anno, l’indice hi-tech ha ceduto 589 punti (-30%), mentre rispetto allo stesso periodo del 2001 il calo e’ di 408 punti (-23%).

Il Dow Jones ha guadagnato 73 punti (+0,8%), a quota 8.517,64. Dall’inizio del 2002, l’indice industriale ha perso 1.503 punti (-15%), mentre su base annua il calo e’ di 1.027 punti (-10%).

L’S&P500 ha terminato la settimana a quota 900,96, con un rialzo di 3,31 punti (+0,3%). Dall’inizio dell’anno l’indice ha perso 247 punti (-21%). La differenza rispetto allo stesso periodo del 2001 e’ di 203 punti (-18%).

Non mancano tuttavia coloro che esprimono scetticismo. Brian Piskorowski, commentatore del mercato di Prudential Securities, ritiene che il rally degli indici e’ avvenuto senza notizie positive dal fronte economico. “Guardando al quadro generale – afferma Piskorowski – nulla e’ cambiato: restiamo ancora in un tumultuoso processo di assestamento”.

































Performance settimanale dei listini
americani
Indici Valori al 1/11/2002 Variazioni ultima
settimana
Variazioni da inizio anno Variazioni ultimi 12 mesi
DJIA 8.517,64 +73,65
(+0,87%)
-1.503,9 (-15,01%) -1.027,53 (-10,76%)
S&P500 900,96 +3,31
(+0,37%)
-247,12 (-21,52%) -203,65 (-18,44%)
Nasdaq 1.360,70 +29,57 (+2,22%) -589,7 (-30,23%) -408,26 (-23,08%)
Fonte dati: Ufficio Studi
WallStreetItalia

IL MERCATO AZIONARIO

La vittoria di Ignazio Lula Da Silva alle elezioni politiche in Brasile, seguita dalle dichiarazioni rassicuranti sulle linee di politica economica cui intende attenersi, ha avuto un effetto distensivo sul comparto bancario USA.

Citigroup (C – Nyse), FleetBoston Financial (FBF – Nyse), Banc of America (BAC – Nyse) e JP Morgan (JPM – Nyse), le principali banche esposte verso la prima economia dell’America Latina, hanno infatti chiuso la settimana con il segno positivo. Citigroup (+5%) ha inoltre tratto beneficio dalla decisione di creare un’unita’ separata di ricerca e brokeraggio retail al fine di risolvere il conflitto di interessi. Anche American Express (AXP – Nyse) ha partecipato al trend rialzista (+9%) grazie ai buoni risultati trimestrali.

I bilanci deludenti di British Petroleum e ChevronTexaco (CVX – Nyse) sono stati in parte controbilanciati dalla tenuta di ExxonMobil (XOM – Nyse): gli utili migliori delle stime del primo produttore petrolifero al mondo hanno contribuito a risollevare il comparto energetico. L’indice XOI ha potuto cosi’ chiudere la settimana in pareggio. Restando nell’ambito dell’industria pesante, da segnalare il crollo di OM Group (OMG – Nyse) in seguito alla pubblicazione dei risultati trimestrali deludenti: il titolo del colosso chimico in una sola giornata ha ceduto il 71%.

I progressi realizzati da Merck (MRK – Nyse) e Schering-Plaugh (SGP – Nyse), in seguito all’approvazione delle autorita’ sanitarie Usa per commercializzare il farmaco anti-colesterolo Zetia, non sono bastati a risollevare il comparto farmaceutico: l’indice (DRG ha perso quasi l’1%. L’andamento contrastato ha caratterizzato anche i prezzi dei titoli biotech: nonostante il recupero di Imclone (IMCL – Nasdaq), in precedenza crollato su alcuni rumor relativi al farmaco Erbitux, e il poderoso rialzo di Andrx (ADRX – Nasdaq, +37%), l’indice BTK e’ arretrato dell’1%.

Il downgrade a Wal-Mart (WMT – Nyse) da parte di Goldman Sachs ha trascinato al ribasso anche Home Depot (HD – Nyse). L’indice dei titoli retail RLX ha cosi’ ceduto in una settimana piu’ del 5%. A poco sono valse le previsioni ottimistiche di JC Penny (JCP – Nyse).

Nonostante lo scetticismo espresso sul comparto da Richard Bernstein, i titoli high tech hanno dato una consistente prova di forza. Per quanto riguarda le societa’ di semiconduttori (SOX, +4%), il settore ha beneficiato in particolare del trend rialzista di Intel (INTC – Nasdaq) (+10%): le previsioni sulla ripresa della domanda fatte dal presidente del gruppo Paul Otellini la scorsa settimana sembrano aver convinto gli operatori. In controtendenza Brocade (BRCD – Nasdaq), che ha ceduto il 13% in seguito al profit warning sul quarto trimestre.

Tra i titoli harware si e’ messa in luce Electronic Data Systems (EDS – Nyse): gli utili pubblicati dalla societa’ informatica, sebbene in netto calo rispetto allo stesso periodo del 2001, hanno sorpreso positivamente il mercato. Le dichiarazioni ottimistiche dell’a.d. di IBM (IBM – Nyse)(+8%) Sam Palmisano e la buona prova di Sun Microsystems (SUNW – Nasdaq) hanno poi definitivamente dato slancio al comparto. L’indice GHA e’ avanzato di quasi il 4%.

Riesce a recuperare Cisco Systems (CSCO – Nasdaq) nonostante i commenti negativi di diverse banche d’affari. I risultati trimestrali di Alcatel e la conferma del suo obiettivo a tornare alla profittabilita’ entro l’anno prossimo hanno fatto da volano per il rialzo dei titoli networking (NWX, +18%). Molto positivi Lucent (LU – Nyse) e Nortel (NT – Nyse).

I DATI MACROECONOMICI PUBBLICATI IN SETTIMANA

  • Reddito personale e Spese al consumo. Il rapporto sul mese di settembre ha leggermente deluso le aspettative del mercato. Il reddito personale e’ salito dello 0,4% (contro lo 0,5% atteso) e i consumi sono calati dello 0,4% (contro lo 0,2% previsto). La spesa per i consumi, paventano diversi economisti, potrebbe registrare un rallentamento.
  • Rapporto occupazione. Il tasso di disoccupazione Usa di ottobre e’ aumentato per il secondo mese consecutivo attestandosi al 5,7% dal 5,6% del mese precedente. Il numero di occupati non agricoli e’ calato di 5.000 unita. La contrazione piu’ consistente, pari a 49.000 unita’, la si e’ registrata nel comparto manifatturiero.
  • Chicago PMI. L’indice dei manager sugli ordini di acquisto dell’area di Chicago si e’ attestato a 45,9 contro i 48,1 di settembre. Il dato, inferiore alle aspettative, e’ in calo per il secondo mese consecutivo ed e’ al di sotto della soglia dei 50 punti, livello che separa contrazione da espansione.
  • Sussidi di disoccupazione. Nella scorsa settimana le nuove richieste di sussidi sono aumentate di 16.000 unita’, a quota 410.000. Il dato, un’ulteriore conferma della debolezza del mercato del lavoro, si e’ riportato oltre la soglia delle 400.000 unita’, livello che gli economisti ritengono tipico di un mercato del lavoro in recessione.
  • Prodotto Interno Lordo – adv.. Nel terzo trimestre l’economia americana e’ cresciuta ad un tasso del 3,1%. L’incremento, inferiore alle aspettative, e’ stato alimentato in particolare dalla spesa in automobili. Con il venir meno degli incentivi, come i finanziamenti a tasso zero, gli ananlisti prevedono che nel quarto trimestre assisteremo ad un calo nell’acquisto di auto.
  • Fiducia Conference Board. La fiducia dei consumatori ad ottobre ha registrato un pesante ribasso, passando da quota 93,7 a 79,4. Si tratta del livello piu’ basso dal novembre 1993. L’andamento dei mercati finanziari, la situazione relativa all’occupazione e le preoccupazioni geopolitiche sono gli elementi che hanno determinato il crollo dell’indicatore.
  • Indice ISM. A ottobre l’indice dei manager responsabili degli ordini di acquisto e’ sceso a quota 48,5 dai 49,5 punti del mese precedente. L’indicatore e’ in calo per il secondo mese consecutivo e conferma il trend gia’ anticipato dal Chicago PMI.
  • Spesa per le costruzioni. Dopo quattro mesi consecutivi di ribassi, a settembre il dato e’ aumentato dello 0,6% portandosi a $836,7 miliardi. A determinare il rialzo dell’indicatore e’ stato soprattutto il boom della spesa per le costruzioni residenziali.

IL MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Per il reddito fisso la settimana si e’ conclusa positivamente. Nel tardo pomeriggio di venerdi’, il rendimento sui bond a 5 anni e’ passato al 2,84% dal 3,02% della scorsa settimana. Il rendimento sul Treasury a 10 anni, benchmark della categoria, si e’ attestato al 3,97%, in calo rispetto al 4,09% di venerdi’ scorso.

La crescita dei titoli di Stato e’ cominciata sin dalle prime battute di lunedi’ sulla base di indiscrezioni, riportate da alcuni quotidiani, circa un imminente taglio dei tassi.

I dati macroeconomici pubblicati in settimana hanno poi corroborato la sensazione che sia inevitabile un alleggerimento della politica monetaria. Richard Bernstein ha definito “debole” il rapporto sull’occupazione aggiungendo che “la reazione da parte della Federal Reserve sara’ necessaria ”. La prossima riunione del FOMC, il braccio operativo della Banca Centrale Usa, e’ prevista per il 6 novembre.

La prossima settimana il Tesoro vendera’ titoli di Stato a 5 e 10 anni per un valore complessivo di $40 miliardi.

  • Tasso sui Treasury a 5 anni (FVX – CBOE)
  • Tasso sui Treasury a 10 anni (TNX – CBOE)

A livello corporate, l’agenzia di rating Moody’s ha reso noto che nel terzo trimestre i titoli obbligazionari non rimborsati hanno raggiunto un valore di $56,9 miliardi. La sola WorldCom e’ insolvente per $23,2 miliardi. Nel periodo che va dall’inizio dell’anno al mese di settembre il ”default” delle societa’ Usa ammonta a $138,8 miliardi, il livello piu’ alto mai raggiunto in tale arco temporale.

IL MERCATO DELLE VALUTE

La debolezza dell’economia Usa ha avuto un effetto negativo sulla quotazione del dollaro. Nel tardo pomeriggio di venerdi’ sulla piazza di New York il biglietto verde veniva scambiato a $0,9957 per 1 euro, contro i $0,9760 della scorsa settimana. La moneta europea per pochi frangenti si e’ spinta anche oltre la parita’ con il dollaro, un fatto che non si verificava dallo scorso luglio.

L’attrazione della zona euro verso sugli investitori stranieri e’ aumentata. Michael Woolfolk, currency strategyst della Bank of New York, riferisce che nei primi otto mesi dell’anno l’afflusso netto di capitali nei dodici paesi della moneta unica e’ stato di $12,7 miliardi, contro un deflusso di $116,8 miliardi dello stesso periodo del 2001.

Il trend positivo mostrato dall’Europa non sembra comunque aver danneggiato il ruolo primario che esercitano gli Usa sul mercato dei capitali. Woolfolk precisa, infatti, che “nei primi otto mesi dell’anno l’afflusso netto di capitali negli Stati Uniti e’ stato di $42,8 miliardi, superiore alla media del 2001 di $41,8 miliardi”.

Per Ray Attrill, diretore della societa’ di consulenza economica 4Cast, “ancora non ci sono segnali che dimostrino una certa difficolta’ degli Stati Uniti a finanziare il deficit delle partite correnti”.

L’attenzione dei mercati valutari, tuttavia, questa settimana era rivolta principalmente verso il Giappone, in vista delle decisioni in materia di riforma del sistema bancario. Le soluzioni prospettate dal governo nipponico sul problema dei “crediti incagliati” delle banche hanno pero’ disatteso le speranze degli operatori.

Diversi commentatori finanziari riferiscono che la riforma annunciata dal premier Yunichiro Koizumi sia fiacca e priva di dettagli concreti. “Le proposte avanzate”, ha dichiarato Robert Sinche, capo di global currency strategy di Citibank, “hanno lasciato tanti dubbi quanti ne hanno chiariti”.

Nonostante la fama di convinto riformista di cui gode il Ministro dell’economia Heizo Takenaka, i mercati probabilmente gia’ si aspettavano una riforma priva dei necessari elementi di rigore.

Il riscontro tangibile lo si rileva dal rafforzamento dello yen nei confronti del dollaro: il cambio tra le due valute e’ infatti passato dai y124,31 per $1 della settimana scorsa ai y122,08 di venerdi’ a New York.

CONCLUSIONI

Il fatto che i mercati finanziari siano riusciti ad avanzare nonostante il quadro economico non sia sostanzialmente migliorato diffonde la sensazione che forse il tanto sospirato “bottom” sia gia’ stato raggiunto.

La conclusione, tuttavia, allo stato attuale sembra peccare di eccessivo ottimismo. A parte gli utili delle societa’, in molti casi rivelatisi migliori di aspettative solo drasticamente ridotte, i dati pubblicati questa settimana dimostrano ancora una volta quanto vulnerabile sia l’economia americana.

Il calo registrato nel livello dei consumi e il crollo della fiducia dovrebbero suonare come un campanello d’allarme. I consumatori, infatti, potrebbero cominciare ad avvertire i disagi dell’elevato indebitamento, le preoccupazioni relative all’occupazione, gli effetti della perdita di ricchezza dovuta al calo dei mercati e decidere di risparmiare di piu’.

Se questa ipotesi dovesse materializzarsi, l’economia subirebbe contraccolpi notevoli, visto che i consumi contano per i due terzi del PIL Usa. Le aziende si vedrebbero costrette a tagliare ulteriormente i piani di assunzioni e investimenti, riducendo di conseguenza la propria capacita’ a generare utili.

In questo contesto anche un intervento di politica monetaria espansiva da parte della Federal Reserve avrebbe effetti trascurabili su economia reale e occupazione.

Finche’ dai dati economici non emergeranno segnali inequivocabili di ripresa, qualunque avanzamento dei mercati finanziari poggia su basi fragili.