Il 2002 ha probabilmente sancito la totale disillusione degli investitori nei confronti delle borse, che per il terzo anno consecutivo chiudono con un bilancio disastroso, colpite da scandali contabili, fallimenti eccellenti, crollo degli utili e venti di guerra.Il tutto in un contesto macroeconomico non certo esaltante.
Al crollo dei listini azionari ha fatto da contraltare il rinnovato interesse nei confronti dei titoli governativi, sia europei che americani.
Alla luce della marcata discesa dei tassi (e, quindi, degli aumenti dei prezzi), che ha caratterizzato tutto il 2002, verrebbe da dire che quella di allocare il risparmio in bond USA ed euro sia stata una scelta foriera di buone soddisfazioni.
Tuttavia, fermarsi a guardare solo i rendimenti per valutare la bontà dell’investimento in titoli di Stato può risultare fuorviante. Occorre infatti considerare anche la variazione del tasso di cambio. Un investitore europeo che avesse comprato Treasury bond ad inizio anno e dovesse venderli ora beneficerebbe di una componente positiva legata all’apprezzamento dei titoli (grazie al fatto che i rendimenti sono vicini ai minimi degli ultimi 40 anni), ma dovrebbe tener conto dell’effetto negativo derivante dal forte deprezzamento (circa il 15%) del dollaro nei confronti dell’euro.
Quest’ultimo fattore ha più che compensato il primo, rendendo così ampiamente negativo il ritorno dell’investimento.
Nel 2002 per un investitore non americano l’acquisto di attività finanziarie USA (sia azioni che bond) non si è certo rivelata un’idea felice. Sarebbe stato invece vincente puntare sui bond dell’area euro, e in particolare sulla parte breve e media della curva dei Paesi periferici.
E per il nuovo anno, che cosa ci si può attendere dall’investimento in titoli di Stato?
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*Claudia Bertino e’ un’analista indipendente che collabora con Wall Street Italia